30 dicembre 2007

read and burn and read and burn and read and burn

E tre.
I Wire hanno fatto apparire nei negozi la terza reificazione del progetto denominato "read and burn", avviato nel 2002 con i capitoli 01 e 02 (quest'ultimo acquistabile solo dal sito della band per breve periodo, e quindi oramai molto raro).

Dando per scontato che tutte le uscite dei Wire meritano l'immediato acquisto, e ricordato ai più disattenti che stiamo parlando di uno dei gruppi più importanti del punk e della prima new wave, arrivo subito al punto: questo EP rappresenta ancora una volta una gradita sorpresa da parte dello storico quartetto londinese.

E' una sorpresa innanzi tutto dal punto di vista discografico: dopo i due ep di ritorno e l'ottimo album (Send) uscito nel 2003, era lecito aspettarsi qualcosa di diverso da un "read and burn 3".
E poi dal punto di vista musicale, in quanto i Wire, pur restando su livelli eccellenti, non proseguono la strada intrapresa con le opere subito precedenti. I quattro brani che compongono il nuovo ep, accantonando momentaneamente le distorsioni e l'elettronica più acida sfoggiate in Send, si imbarcano infatti in una sorta di gioco dei ricordi, mescolando rimandi alle diverse passate stagioni del gruppo.

Così 23 Years Too Late, posta in apertura, con un ritornello veloce ed una strofa tagliente, potrebbe essere uscita diritta diritta da Chairs Missing, se non fosse per i 10 minuti di durata e per la struttura che ricorda i Wire più recenti.
E pure Our Times potrebbe provenire dal passato più illustre della band, se non si sentisse l'influenza dei lavori solisti e paralleli di Colin Newman.
No Warning Given invece porta alla mente il periodo più elettronico e spesso (a mio modo di vedere) ingiustamente sottovalutato, quello di lavori come The Ideal Copy o A Bell is a Cup.
Desert Driving chiude creando una tensione che non sfocia mai e lasciando col desiderio di sentire altro.

More, please.

22 dicembre 2007

Gelo subsonico

Il quinto disco dei Subsonica è uscito da un po' ormai, quindi ho avuto tempo e modo di farmene un'idea. Quello che mi ha colpito, leggendo recensioni e commenti sulla stampa e in rete, è che ognuno si è fatto la sua idea personale (e questo è normale) e che queste idee sono tutte molto diverse tra loro (il che capita un po' meno spesso).
Il disco è stato sia osannato come gran ritorno alla forma, sia stroncato come ripetitivo e banale.

I Subsonica per me hanno rappresentato nei primi anni 2000 una sorta di segnale di speranza: un gruppo italiano intelligente, dotato di competenza tecnica e non solo musicale, capace di sfoggiare testi non banali e costruzioni originali (soprattutto in Microchip Emozionale, che resta ad oggi il loro lavoro più riuscito). Non sono mai stato un grandissimo fan, ma pian piano ho comunque acquistato tutti i dischi e li ho ascoltati più di una volta.
Non essendo quindi ne' un ammiratore indefesso, ne' un incallito detrattore, ma avendoli frequentati abbastanza, mi permetto di dire la mia. Per punti.

1. Questo disco non è, come molti dicono, un "ritorno" dei Subsonica alle loro sonorità abituali. Pur essendo molto più elettronico del precedente Terrestre, vira su territori tipici di metà anni '90, che i nostri finora avevano utilizzato da ispirazione ma mai rimaneggiato in modo esplicito. Vedi su tutte la prima e la quinta traccia, che ricalcano stilemi breakbeat e techno-rave che ricordano Chemical Brothers e Prodigy come mai prima d'ora. Ad un primo ascolto questi ambienti sonori mi sono sempre graditi, ma rappresentano comunque un ritorno a cose passate e non sembrano essere stati sviluppati in modo nuovo.

2. Rispetto a Terrestre, album che non è piaciuto praticamente a nessuno (forse sono uno dei pochi che lo trova interessante) ma che mostrava un'indubbia dose di coraggio, qui c'è un compitino molto ben fatto (sia chiaro: in Italia questo disco è comunque una delle migliori uscite dell'anno) ma non mi pare di cogliere spunti nuovi. Peccato, capisco però che ciò derivi dallo sbandamento di una band che ha tentato una strada e non ha avuto gli attesi riscontri da parte del pubblico (parlando di Terrestre Live uno dei membri del gruppo lo ha definito un disco "passato praticamente inosservato").

3. I testi sono spesso superiori qualitativamente alle linee melodiche che li sorreggono. Questo è un peccato. Solo negli ultimi brani, che si liberano un po' dallo schema "siamo di nuovo elettronici", si denota maggiore capacità di gestire la materia testuale senza imbrigliare il cantato in schemi rigidi. Non concordo completamente con Fabio De Luca che su Rolling Stone ha scritto "Suoni cupi, grassi e potenti [...] Giri di basso che grattugiano, arpeggi di synth da rave di prima generazione [...] Poi arriva Samuel e il nostro orecchio invece desiderebbe ancora tanti giri di basso che grattugiano e tanti synth da rave di prima generazione". Non concordo soprattutto perchè di questo tipo di musica ne abbiamo già avuta tanta e di buona qualità, non vedo dunque perchè un gruppo italiano dovrebbe cimentarsi ora con questa materia. Però capisco cosa intende e vorrei che i Subsonica uscissero da schemi compositivi che sembrano troppo preoccupati del mercato degli adolescenti e che invece ne imbrigliano le evidenti possibilità.

4. Ciò che più mi piace dell'album è il senso di gelo complessivo. Oltre alla scelta di titoli che danno immediato senso di freddezza e di assenza (La Glaciazione, L'Eclissi, Ali Scure, Veleno) c'è una tristezza diffusa che trovo molto adatta alla miserabile Italia del 2007. E di molti degli anni precedenti.

5. Un dubbio: ma i Subsonica leggono Carmilla? O semplicemente leggono attentamente le rubriche del citato Rolling Stone? O tutte e due (probabile)? Un testo (Canenero) prende ispirazione da un romanzo di Giuseppe Genna; un titolo (Alta Voracità) è stato ispirato dal collettivo Wu Ming; un altro brano (Piombo) è basato su Gomorra di Saviano. E nei ringraziamenti si citano, tra gli altri, Evangelisti e Ammaniti (ma anche Radiogladio alias Sergio Messina, un mio sempiterno mito). Bravi, magari qualche adolescente in più si dedicherà a buone letture.