16 gennaio 2012

Public Image Remaster

Sono state pubblicate oggi in UK, e arriveranno a breve anche in Italia, le ristampe degli album dei Public Image Limited e dell'unico album solista di John Lydon. Il piano prevede la pubblicazione contemporanea delle versioni rimasterizzate di 10 album della band post-punk dell'ex leader dei Sex Pistols, ossia tutto il catalogo fatta eccezione per Metal Box (o Second Edition, titolo alternativo del medesimo album nell'edizione standard in jewel case ) che è stato già rimasterizzato e ripubblicato di recente (il primo in 3 CD nel classico box di metallo nel 2009, il secondo in unico CD, con le stesse versioni del primo, nel 2011).

I titoli interessati dalla ristampa sono Public Image (1978, anche noto come First Issue), Paris In The Spring (1980, noto anche col titolo Paris Au Printemps), Flowers Of Romance (1981), Live In Tokyo (1983), This Is What You Want… This Is What You Get (1984), Compact Disc (1986, titolo dell'edizione in CD dell'album uscito originariamente col titolo Album per la versione in vinile oppure Cassette per quella in cassetta), Happy? (1987), 9 (1989), That What Is Not (1992). A questi si aggiunge Psycho's Path, l'unico disco a nome del solo John Lydon, uscito nel 1997 dopo lo scioglimento della band e considerato da molti l'ultimo album dell'era PIL, tenendo conto anche del fatto che il gruppo era ormai da molti album considerabile un progetto solista del cantante.

Non so se la qualità audio di queste edizioni sia migliorata in modo sensibile, sarà però un'occasione per quanti attendono da anni di mettere finalmente le zampacce su Happy? e 9, che sono da lungo tempo fuori catalogo e ormai impossibili da trovare anche girando per negozi dell'usato. Se proprio siete curiosi in merito alla possibilità di un ascolto migliore, vi sarà utile sapere che il remaster è quello già usato per l'edizione giapponese del 2011, quindi se vi va potete cercare in rete una recensione di quest'ultima. Io penso che mi terrò, almeno per ora, le mie brave vecchie copie. Non sarebbe la prima volta che mi butto su una serie di remaster e poi me ne pento, o per la spesa o per le differenze non gradite.

8 gennaio 2012

E i negozi di dischi chiudono

Sarà anche un po' colpa della crisi generale, ma la tendenza del settore è chiara ed ha origini diverse, che risalgono alla diffusione della musica in rete a partire dalla fine del secolo scorso. La vendita dei dischi è in contrazione ormai da anni, e tra gli effetti diretti c'è che il numero di negozi che chiudono aumenta ogni giorno.

A prescindere dall'analisi della questione (che potrebbe coinvolgere riflessioni sull'inarrestabilità degli effetti delle tecnologie, sulle tendenze suicide di un'industria vanamente protezionista, sui comportamenti irrazionali di un pubblico che pur di risparmiare dalle proprie tasche, accetta il rischio di uccidere l'oggetto stesso del proprio fanatismo), vorrei parlare qui del momento di tristezza che è connaturato alla sparizione di luoghi di aggregazione come erano e ancora sono i negozi di dischi.

L'occasione mi viene - purtroppo - dalla chiusura di uno dei miei punti di riferimento a Milano: il negozio Markuee sul naviglio pavese. nonostante l'attività fosse basata principalmente sull'ordine di dischi tramite il sito web, il negozio è stato fino alla fine di dicembre 2011 il luogo preferenziale per il ritiro del materiale arrivato, e uno storico luogo di incontro da parte degli appassionati di musica che arrivavano da Milano ma anche da tutta la Lombardia (non era raro imbattersi in personaggi giunti dalla provincia o da fuori provincia per il "ritiro" periodico e per una scorsa agli scaffali).

Ora il negozio, strozzato dalle spese e dalle scarse vendite, chiude e lascia il posto alla sola vendita online, seguendo la sorte che era già toccata da tempo al secondo punto vendita a Pavia. Resta la possibilità di acquistare online e di avvantaggiarsi di prezzi spesso concorrenziali (ooops, mi è scappato lo spottino, ma se cercate nel sito soprattutto cose un po' "difficili" vedrete che non mento), ma finisce il rapporto con il gestore del negozio e con gli altri clienti. Soprattutto svanisce quella passeggiata rituale che riempiva spesso - nel mio caso - i pomeriggi del sabato.

Ok, adesso: non amo le nostalgie in generale, spesso si tratta solo di incapacità di accogliere il nuovo. Ma qui il fatto è che per gli appassionati di musica Milano sta diventando un deserto. Parlando di musica live, hanno chiuso via via il Musicdrome, lo storico Rainbow (mutato in condominio), il parimenti storico Rolling Stone (idem). Altri locali hanno fatto la stessa fine oppure sono stati mutati in disco-pub, insomma hanno perso la loro vocazione alla musica live. Il risultato è che la concentrazione dei locali dedicati alla musica klive si sposta sempre più in periferia: chi volesse andare a godersi un po' di musica dal vivo con i mezzi pubblici o con qualche colpo di pedali dovrà rassegnarsi a lasciar perdere.

Ma piano piano anche i grandi concerti stanno lasciando la città, che tra limiti di volume a San Siro e zero appoggio alle realtà medio-piccole, sta cedendo al Veneto la palma di regione preferita nel Nord Italia per l'organizzazione di molti eventi. L'organizzazione di macchinate è ormai necessaria per andarsi a vedere i grandi nomi.

Dei negozi di dischi ho già detto: escluse le grandi catene come FNAC, Mondadori e via dicendo, a resistere aperti a Milano restano ormai in pochi: Buscemi, Dischi Volanti, il Discomane, Mariposa, Psycho, Metropolis, SoundCave... e forse un altro paio, con i quali mi scuso per la mancata citazione. Insomma, a prescindere dal destino dell'industria discografica: dove ce ne andremo a condividere emozioni, passioni, fissazioni, idiosincrasie varie? Dobbiamo rassegnarci a far tutto davanti ad un monitor? Spero proprio di no, ma nel dirlo mi sento farmi irrimediabilmente vecchio e fuori moda.

7 gennaio 2012

Fallen Angels, ecco a voi i Venom

Trent'anni di carriera e tredici album di studio all'attivo, eppure i Venom mi hanno sorpreso con la freschezza di questo nuovo disco.

Fallen Angels, sia detto chiaramente, è metal fatto da professionisti, col solito sound ruvido caratteristico della band, ed un songwriting un po' furbacchione, ma suona assolutamente classico, fuori dal tempo, e si avvale di una produzione moderna che dà nuova linfa ad una band che evidentemente non ha ancora intenzione di andarsene in soffitta con la naftalina.

Parlare dei Venom facendo finta che siano ancora lo stesso gruppo è in verità un falso ideologico: della formazione originale resta il solo Cronos, quello spazzino di Newcastle, basso e bruttino, che è stato artefice e protagonista di una rivoluzione che ha sporcato la NWOBHM con elementi di punk e cattiveria fino ad allora sconosciuti al metal ed entrati a far parte del genere proprio col primo disco dei Venom.

Il chitarrista è lo stesso del precedente Hell, il batterista è un nuovo entrato. Ma i Venom e Cronos sono un po' la stessa cosa, come i Motörhead sono rimasti sempre se' stessi pur col solo Lemmy fisso in formazione, e quindi il marchio di fabbrica è ben evidente.

Quest'album spacca il culo, come suol dirsi in ambito metallaro, e lo fa senza trucchetti, senza ammodernamenti ridicoli, senza pretendere di essere "al passo con i tempi". Ribadisco, lo fa con mestiere. E che male c'è? Sparatevelo a volume insensato e godetevelo.