16 febbraio 2012

New Wave italiana 1980-86

Un animale strano, la New Wave italiana.

Il movimento fu da una parte, in modo inevitabile, sofferente dei soliti mali di un'Italia ancora provinciale, esterofila in un senso tristemente passivo, lenta ad assimilare novità, soprattutto ammorbata dall'invincibile tradizionalismo della discografia ufficiale, e ci aggiungerei il tratto spesso dimenticato dell'abitudine, ai tempi ancora ben viva, di convertire tutto in termini di politica (e di opposti estremismi).

Eppure la new wave in Italia fu capace di inventarsi una e mille identità, a volte sorprendentemente originali (pur nel solco di traiettorie tracciate all'estero), grazie quasi soltanto al supporto artigianale di piccole realtà fatte in casa, degne della migliore tradizione imprenditoriale a dimensione familiare del paese. Un paese che, va ricordato, era ancora lontanissimo dal cuore dell'Europa, sia fisicamente che culturalmente, con l'aggravio rispetto ad oggi dell'assenza di mezzi di informazione che potessero aggiornare i giovani vogliosi di fare sugli scenari "alternativi": internet era ancora fantascienza, la stampa musicale era di una ortodossia tombale, le piccole radio private si assumevano dal canto loro tutto il peso di distribuire le novità che non trovavano spazio nei canali nazionali, ma lo facevano con tutti i limiti intrinseci nella difficoltosa reperibiltà del materiale necessario a compiere l'operazione culturale che si prefiggevano (toccava procurarsi i vinili, e come?).

Mentre Londra, Berlino e altre città euroee producevano novità musicali al ritmo di una al minuto, a sud delle Alpi si attendevano i racconti degli amici andati in cerca di avventure fuori dai confini nazionali, e le loro cassettine cariche di meraviglie. Si vedano ad esempio le narrazioni di Zamboni e Ferretti della loro permanenza berlinese pre-CCCP.

Eppure ad ascoltare questa raccolta si scopre che, seppure con un ritardo a volte catastrofico (emblematico che il periodo della nw wave nel titolo sia collocato negli anni 80-86, quando tradizionalmente il movimento si fa risalire al periodo 78-83), le realtà nostrane furono molte, interessanti e spesso di spessore indiscutibile. Qualche nome è noto (Diaframma, Gaznevada, Pankow, Neon), molti erano stati riportati alla memoria di recente dalla Spittle Records (Rinf, Not Moving, State of Art, Jeunesse D'Ivoire,...), altri ancora si erano persi nell'oblio, svantaggiati anche da una storia discografica prossima al nulla.

Per quanto gli appassionati più ferventi possano essere già in possesso di un buon numero di questi brani, tra le 35 tracce di questa raccolta in 2 CD (la cui bella copertina campeggia in cima a questo post) si trovano diversi pezzi davvero introvabili, immagino quindi che l'edizione possa bene accolta sia dal neofita (al quale si aprirà probabilmente un mondo) sia dall'esperto più maniacale.

14 febbraio 2012

Aspettando la primavera

Dalis Car: Più di un anno dopo la morte di Mick Karn, sembra stia finalmente per vedere la luce l'EP dei Dalis Car che il bassista aveva registrato con Peter Murphy nell'autunno del 2010. Come vi avevo già riferito a suo tempo, si tratta di una collezione di cinque nuove tracce registrate dal duo, riunito a ben 26 anni dall'unico album, The Waking Hour. Il breve sodalizio artistico, nato dopo lo scioglimento delle band di origine (per chi fosse proprio capitato qui per caso: Japan e Bauhaus), si era chiuso quello stesso anno (1984) senza un seguito.

Il titolo dell'Ep è InGladAloneness, e sarà distribuito in formato CD la prossima primavera, soltanto attraverso il negozio online di Karn su BurningShed.com. È possibile pre-ordinarlo già adesso per farselo spedire il 5 di aprile.

Fino ad ora la famiglia di Karn aveva reso disponibile una sola traccia dall'EP, una versione rimaneggiata di Artemis, uno strumentale proveniente da The Waking Hour, che è stato riassemblato dal duo con l'aggiunta della voce di Murphy. All'EP hanno contribuito Steve Jansen, Theo Travis e Jakko M. Jakszyk.

Public Image Limited: A 20 anni dall'uscita dell'ultimo album That What is Not, i PIL, nella nuova formazione assemblata da John Lydon, daranno alle stampe, in una data ancora imprecisata tra maggio e giugno di quest'anno, il nuovo disco di inediti, che sarà intitolato This is PIL.

Si tratterà di 12 nuove tracce, anticipate per ora da un EP di 4 tracce che sarà disponibile solo nella versione in vinile. Il primo singolo, One Drop, è stato anticipato da Lydon in un programma della BBC, e può essere ascoltato qui.

Il leader - nonchè unico membro rimasto delle varie formazioni succedutesi dal 1978 al 1992 - ha dichiarato che l'album è stato "completato l'estate scorsa, e masterizzato a settembre", e che l'EP di One Drop è costituito da "quattro canzoni per dare un assaggio di cosa sia l'album, che conterrà 12 canzoni; si tratta di un sacco di musica che abbiamo messo assieme, ed è tutto materiale valido".

Colourbox: La 4AD ha pianificato per la prossima primavera un cofanetto che celebrerà i 30 anni dal debutto dei Colourbox, una band elettronica piuttosto atipica nel catalogo dell'etichetta. All'epoca il parco artisti 4AD era infatti dominato da formazioni new wave come Cocteau Twins, Clan of Xymox, X-Mal Deutschland, mentre i Colourbox proponevano un mix eclettico di dub, industrial, reggae, soul, r&B.

Il box conterrà 4 CD per un totale di 59 tracce, e coprirà tutta la discografia della band, dal 1982 al 1986, incluso l'introvabile mini album che era stato accluso gratuitamente alle prime copie del debutto del 1985.

La selezione delle tracce è stata effettuata dallo stesso Martyn Young (uno dei due membri fissi della band assieme al fratello Steve). Il primo disco contiene il primo album del 1985 (intitolato Colourbox come tutte le uscite della band) ed il mini album di 7 tracce. Il secondo disco contiene tutti i singoli 7 pollici, mentre il terzo raccoglie tutte le versioni originariamente edite su 12 pollici. Sul quarto disco sono inclusi il debutto del 1983, un mini album di 4 tracce, una BBC session di 8 canzoni ed una versione inedita della canzone Arena.

Tracklist: Colourbox, Colourbox

DISC 1:
1. “Sleepwalker”
2. “Just Give ‘em Whiskey”
3. “Say You”
4. “The Moon Is Blue”
5. “Inside Informer”
6. “Punch”
7. “Suspicion”
8. “Manic”
9. “You Keep Me Hanging On”
10. “Arena”
11. “Edit The Dragon”
12. “Hipnition”
13. “We Walk Around The Streets”
14. “Arena II”
15. “Manic II”
16. “Fast Dump”
17. “Sex Gun”

DISC 2:
1. “Baby I Love You So” (7-inch)
2. “The Official Colourbox World Cup Theme” (7-inch)
3. “Hot Doggie”
4. “The Moon Is Blue” (7-inch)
5. “Breakdown (Version 1)” (7-inch)
6. “Tarantula (Version 1)” (7-inch)
7. “Philip Glass”
8. “Looks Like We’re Shy One Horse” (7-inch)
9. “Say You” (7-inch)
10. “Fast Dump” (7-inch)
12. “Keep On Pushing”
13. “You Keep Me Hanging On” (7-inch)
14. “Breakdown (Version 2)” (7-inch)
15. “Tarantula (Version 2)” (7-inch)
16. “Shadows In The Room”
17. “Punch” (7-inch)

DISC 3:
1. “Looks Like We’re Shy One Horse/Shoot Out” (12-inch)
2. “Baby I Love You So” (12-inch)
3. “The Official Colourbox World Cup Theme” (12-inch)
4. “Breakdown (Version 1)” (12-inch)
5. “Tarantula (Version 1)” (12-inch)
6. “Say You” (12-inch)
7. “Fast Dump” (12-inch)
8. “The Moon Is Blue” (12-inch)
9. “You Keep Me Hanging On” (12-inch)
10. “Breakdown (Version 2)” (12-inch)
11. “Tarantula (Version 2)” (12-inch)
12. “Punch” (12-inch)

DISC 4:
1. “Shotgun”
2. “Keep On Pushing”
3. “Nation”
4. “Justice”
5. “Arena” (Extended Version)
6. “Punch” (BBC Session)
7. “Kill It” (BBC Session)
8. “Bleach” (BBC Session)
9.” Water Up The Tap” (BBC Session)
10. “The Look Of Love” (BBC Session)
11. “You Keep Me Hanging On” (BBC Session)
12. “The Wanderer” (BBC Session)
13. “Low Rider” (BBC Session)

13 febbraio 2012

Diaframma: niente di serio

Deve essere un riflesso condizionato: non appena uno dei miei eroi attraversa un periodo di pur blanda notorietà, di pur occasionale esposizione mediatica, di pur minima fortuna commerciale, inizio a cercare una prova di un calo della qualità nella sua proposta recente.

Un vezzo snobistico intollerabile, in effetti, ma non mi sono mai ritenuto persona amabile e dunque non me ne sorprendo e non me ne scuso.

Si tratta comunque di una evidente esagerazione - e la colgo come auto-provocazione - che nasconderà certamente una qualche spiegazione psico-illogica, ed alla cui indagine dedicherò magari alcune delle sedute di terapia alle quali dedico vanamente parte del mio tempo.

Le notizie che hanno originato le riflessioni di cui sopra sono due: la prima è che i Diaframma hanno dato alla luce il loro sedicesimo album di studio (il tredicesimo dell'era Fiumani, dopo lo scisma con Sassolini); la seconda che, diversamente dal solito, all'uscita in questione è stato dato un minimo di risalto, oltre all'abituale veloce trafiletto nella pagina della recensioni. Si veda ad esempio la doppia intervista dedicata da XL ai ritrovati Litfiba (della cui reunion non parlo, avendoli dati per desaparecidos oramai dal 1989) ed allo stesso Fiumani, un accostamento naturale viste le comuni origini delle due band - e se non sapete la storia potete risolvere con una ricerca su Google, di cui questo è uno dei primi risultati.

Chi legge regolarmente queste mie farneticazioni, sa bene della mia passione per i Diaframma e della mia affezione alla figura di Federico Fiumani. Spero suonerà pertanto sincera e amichevole la mia reazione a questo ultimo album, che è di parziale delusione, pur riconoscendo che siamo sempre nei soliti territori dal punto di vista stilistico, e che l'album veleggia sui livelli qualitativi abituali, insomma che non ci sono stati grandissimi scossoni e che quindi si tratta - e stavolta parlo seriamente - di una pura questione di preferenze in merito ai dettagli.

Nell'intervista per XL di cui dicevo sopra, lo stesso Fiumani parlando delle 12 tracce di Niente di serio riferisce di "uno stile ormai abbastanza consolidato e familiare, un poco più solare del solito, arrangiato molto bene, più curato", e questo è esattamente ciò che ho riscontrato nell'album. La mano del chitarrista fiorentino nella scrittura musicale è ben riconoscibile, e i testi sono come al solito interessanti, tesi tra poesia e provocazione, mai banali. Fin qua si sente una continuità immutata rispetto alle precedenti prove fiumaniche.

C'è invece qualcosa negli arrangiamenti e nel suono che si sposta verso una rifinitura appena più curata del solito - grazie anche alla presenza occasionale ma avvertibile delle tastiere di Gianluca De Rubertis, noto per essere metà de Il Genio. Può darsi che dopo tanti album dal suono molto grezzo mi fossi assuefatto a quell'idea, ma la svolta stilistica, pur minima, mi ha lasciato un po' contrariato. Forse questi inserti non sono amalgamati come dovrebbero, forse si doveva fare un po' di più per dare alle canzoni uno stile più coerentemente rifinito, forse era meglio lasciarle al solito stato di "poco più che un demo" che tanto mi piaceva nel precedente Camminando sul lato selvaggio.

Ecco, può darsi che sia questo senso di indecisione sonora che non mi convince. Avevo apprezzato molto, su un versante sonoro totalmente opposto a quello grezzo abituale, un'operazione come Passato, Presente, in cui brani provenienti dall'intera carriera venivano riproposti in versioni alternative e decisamente sovra-prodotte rispetto agli originali. La via di mezzo invece non mi convince, l'oscillazione tra la solita linea punk e la produzione di alto livello mi perplime.

Per il resto, troverete il solito Fiumani, in gran forma, uno che di "certi limiti come cantante e come chitarrista" riesce a fare "una peculiarità, una caratteristica."