13 febbraio 2012

Diaframma: niente di serio

Deve essere un riflesso condizionato: non appena uno dei miei eroi attraversa un periodo di pur blanda notorietà, di pur occasionale esposizione mediatica, di pur minima fortuna commerciale, inizio a cercare una prova di un calo della qualità nella sua proposta recente.

Un vezzo snobistico intollerabile, in effetti, ma non mi sono mai ritenuto persona amabile e dunque non me ne sorprendo e non me ne scuso.

Si tratta comunque di una evidente esagerazione - e la colgo come auto-provocazione - che nasconderà certamente una qualche spiegazione psico-illogica, ed alla cui indagine dedicherò magari alcune delle sedute di terapia alle quali dedico vanamente parte del mio tempo.

Le notizie che hanno originato le riflessioni di cui sopra sono due: la prima è che i Diaframma hanno dato alla luce il loro sedicesimo album di studio (il tredicesimo dell'era Fiumani, dopo lo scisma con Sassolini); la seconda che, diversamente dal solito, all'uscita in questione è stato dato un minimo di risalto, oltre all'abituale veloce trafiletto nella pagina della recensioni. Si veda ad esempio la doppia intervista dedicata da XL ai ritrovati Litfiba (della cui reunion non parlo, avendoli dati per desaparecidos oramai dal 1989) ed allo stesso Fiumani, un accostamento naturale viste le comuni origini delle due band - e se non sapete la storia potete risolvere con una ricerca su Google, di cui questo è uno dei primi risultati.

Chi legge regolarmente queste mie farneticazioni, sa bene della mia passione per i Diaframma e della mia affezione alla figura di Federico Fiumani. Spero suonerà pertanto sincera e amichevole la mia reazione a questo ultimo album, che è di parziale delusione, pur riconoscendo che siamo sempre nei soliti territori dal punto di vista stilistico, e che l'album veleggia sui livelli qualitativi abituali, insomma che non ci sono stati grandissimi scossoni e che quindi si tratta - e stavolta parlo seriamente - di una pura questione di preferenze in merito ai dettagli.

Nell'intervista per XL di cui dicevo sopra, lo stesso Fiumani parlando delle 12 tracce di Niente di serio riferisce di "uno stile ormai abbastanza consolidato e familiare, un poco più solare del solito, arrangiato molto bene, più curato", e questo è esattamente ciò che ho riscontrato nell'album. La mano del chitarrista fiorentino nella scrittura musicale è ben riconoscibile, e i testi sono come al solito interessanti, tesi tra poesia e provocazione, mai banali. Fin qua si sente una continuità immutata rispetto alle precedenti prove fiumaniche.

C'è invece qualcosa negli arrangiamenti e nel suono che si sposta verso una rifinitura appena più curata del solito - grazie anche alla presenza occasionale ma avvertibile delle tastiere di Gianluca De Rubertis, noto per essere metà de Il Genio. Può darsi che dopo tanti album dal suono molto grezzo mi fossi assuefatto a quell'idea, ma la svolta stilistica, pur minima, mi ha lasciato un po' contrariato. Forse questi inserti non sono amalgamati come dovrebbero, forse si doveva fare un po' di più per dare alle canzoni uno stile più coerentemente rifinito, forse era meglio lasciarle al solito stato di "poco più che un demo" che tanto mi piaceva nel precedente Camminando sul lato selvaggio.

Ecco, può darsi che sia questo senso di indecisione sonora che non mi convince. Avevo apprezzato molto, su un versante sonoro totalmente opposto a quello grezzo abituale, un'operazione come Passato, Presente, in cui brani provenienti dall'intera carriera venivano riproposti in versioni alternative e decisamente sovra-prodotte rispetto agli originali. La via di mezzo invece non mi convince, l'oscillazione tra la solita linea punk e la produzione di alto livello mi perplime.

Per il resto, troverete il solito Fiumani, in gran forma, uno che di "certi limiti come cantante e come chitarrista" riesce a fare "una peculiarità, una caratteristica."

Nessun commento: