22 febbraio 2009

Radio days

Video killed the radio star non è solo il titolo di una famosa hit dei Buggles: è la descrizione precisa di un profondo cambiamento del costume e delle modalità di fruizione della musica, che coincise negli anni '80 con l'avvento dei videoclip e con l'affermazione delle trasmissioni televisive di carattere musicale e subito dopo dei canali dedicati come MTV.

Si passò in pochi anni dall'ascolto alla visione, dalla voce all'immagine. Non che quest'ultima non fosse stata un elemento trainante nel successo di molti protagonisti della musica dagli anni '50 ai '70, ma alla bidimensionalità delle copertine degli album e delle foto nelle riviste si aggiunse, sempre di più, la tridimensionalità del mezzo televisivo. Un potentissimo aggancio sulla psicologia degli adolescenti, che sono notoriamente in cerca di idoli da imitare.

Le trasmissioni radiofoniche, mattatrici indiscusse delle giornate degli appassionati di musica, non potevano più competere con le storie narrate attraverso i videoclip, nelle quali la fascinazione del brano veniva moltiplicata grazie ad effetti speciali, colori, costumi, e spesso piccole sceneggiature che erano in grado di porre l'artista al centro di un mondo più complesso ed immaginifico.

Inutile stare qui a spiegare quanto questo apparente arricchimento abbia portato a lungo andare ad un impoverimento della proposta musicale popolare: i risultati sono sotto gli occhi, o meglio dentro le orecchie, di tutti. Ma un effetto benefico di questo ampliamento del fronte commerciale si intrufolò anche in quelle che erano potenzialmente le principali vittime della situazione: le radio private. Proprio negli stessi anni nacquero un gran numero di emittenti radiofoniche che seppero fronteggiare il momento difficile con la realizzazione di programmi in grado di offrire cose che la televisione, per sua stessa natura, non era in grado di strutturare: approfondimenti, programmi tematici, programmazione di interi concerti o di lunghe interviste che nel piccolo schermo non avrebbero trovato spazio.

Dal canto mio, fino all'inizio degli anni '90 sono stato un grande ascoltatore della radio; l'ho poi lentamente abbandonata, sia per un graduale impoverimento della proposta, sia per la trasformazione delle mie giornate e quindi delle abitudini; ad esempio, ormai viaggio pochissimo in automobile, un'occasione nella quale la voce di un DJ può combattere la noia e il sonno meglio di una compilation già mandata a memoria.

Sto però riscoprendo, con un certo ritardo, le radio in internet. Sono spesso piccole realtà, tenute in vita da un pugno di appassionati, e quasi sempre sono decisamente tematiche e prive di qualsiasi conduzione. Ad un brano ne segue un altro, senza soluzione di continuità. E' una formula che ribalta l'evoluzione delle radio private e torna alle origini del programma musicale: canzoni, poi ancora canzoni, e nient'altro ad interrompere il fluire delle note.

Fra tante, ve ne segnalo una che mi ha riservato molte gradite sorprese negli ultimi giorni. Si chiama Radio Ghoul School e trasmette solo "deathrock, gothic, batcave, punk, wave, alternative, minimal-electro, new wave, thrashrock". Il palinsesto è molto più vario di quanto questa lista potrebbe far intendere, e finora non l'ho mai trovata noiosa. E' stata realizzata dal fondatore di Deathrock.com (The home of Creepy Rock & Roll), che per inciso è un'ottima fonte di informazioni su gruppi più o meno dimenticati, che spesso non hanno neppure una propria home page.

Sintonizzatevi... e buon deathrock!

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