3 aprile 2010

I love Bettina, the Queen of Noise

Le Malaria! furono nei primi anni '80 uno dei più strordinari act musicali tedeschi. Nate dal sodalizio tra Bettina Koester e Gudrun Gut (già assieme nei Mania D), pubblicarono il primo EP nel 1981, aggregando Manon P Duursma (proveniente dall'entourage di Nina Hagen), Christine Hahn (che aveva collaborato con Gleen Branca) e Susanne Kuhnke (precedentemente nei Die Haut).

Il loro art rock rumorista e sperimentale era dotato di grande originalità e si avvantaggiava della formazione tutta al femminile, una scelta che, sebbene non inedita nel punk (le Slits valgano come esempio sufficiente), difficilmente si era presentata in accoppiata con scelte stilistiche così incredibilmente rigorose (si veda, tanto per avere un punto di partenza, il video di Geld/Money). La loro storia e una discografia abbastanza completa sono reperibili ad esempio qui.

Il gruppo si arenò però nel 1984, dopo appena un album e qualche EP (quasi tutto il materiale è raccolto nel fondamentale Compiled 1981-84). Una estemporanea riunione, nel 1993, diede vita all'album Cheerio, lontanissimo dall'ispirazione originale, anche se affascinante a suo modo.

Le successive gesta di Gudrun Gut e di Bettina Koester meritano grande attenzione. La prima si è data ad una carriera da produttrice discografica (sue le label indipendenti Monika Enterprise e Moabit Musik) che la avvicinerà col tempo a realtà più dance, anche se mai prive di guizzi di genialità e oltraggiosa ambiguità. La sua opera migliore ad oggi è il bell'album I put a record on, opera inafferrabile e magnetica.

Bettina Koester invece mollò tutto e se ne andò negli USA, dove abbracciò una inaspettata carriera come analista a Wall Street. Una scelta che per molti versi era quanto di più punk potesse fare a quel punto della sua vita. Ma l'irrequietezza non le consente troppa stabilità: nel 2001, a seguito dello shock per l'attacco al World Trade Center, tornerà a Berlino. Qui, nel 2005 incontrerà la giovane cantante e sassofonista Jessie Evans, già membro dei Vanishing, con la quale darà vita al duo Autonervous, producendo un ottimo album omonimo e portandolo successivamente in tour con buon successo in mezza Europa (dimostrando quanto il pubblico ancora ricordi ed ami Bettina).

Infine, nel 2006 un'altra scelta di vita originale e inaspettata: Bettina si trasferisce in Italia, a Sieti, un paesino di 500 anime nei pressi di Paestum. Qui inizia a lavorare al suo primo album solista, che segue un provesso di gestazione piuttosto lungo e viene completato solo alla fine del 2009.

Queen of Noise è un disco eclettico, dove le esperienze musicali della Koester si fondono generando un risultato unico e contemporaneo, con il solo filo conduttore della voce roca da fumatrice incallita, che suscita un inevitabile confronto con quella di Marianne Faithful.

L'album si apre con una schizoide cover di Helter Skelter, una brillante decostruzione alla Devo, perfettamente riuscita e con una vita propria rispetto all'originale ("Bottom-Top-Stop-Go"... provate a togliervelo dalla testa se ci riuscite).
Seguono due pezzi molto ritmati e quasi ballabili come Crime Don’t Pay (Stupid) e Fianc’ a Fianco, pulsazioni elettriche sulle quali la voce di Bettina disegna traiettorie languide e catarrose.
Ocean Drive, in cui compare il sax, rievoca le Malaria! degli esordi.
Regina è un'ulteriore svolta in territori diversi, uno spoken word minimale a cui segue la seconda cover del disco, una Femme Fatale non tanto dissimile dall'originale dei VU, forse il pezzo che mi convince di meno, avrei preferito un approccio più simile a quello adottato per Helter Skelter.
Holy Water è un grande brano, con strati di voce sovrapposti su un tappeto di percussioni cupe e apocalittiche, a cui fa da contraltare Grab Me, altro pezzo con rimandi al passato, una struttura frammentata con chitarre flamenco e sax che restituisce la Bettina più sensuale. Formano una sorta di trittico con la successiva Confession, bella linea di basso ed echi di sax in evidenza.
Pity Me spiazza con la sua dolcezza, piano e voce per una canzone sentita e malinconica.
In Via Pasolini si torna a muoversi, come esorta Bettina: “You can shake your fist/you can shake your head/you can even shake your booty!
Il disco si chiude con Thar She Blows, un degno finale per un album che ascolterò ancora a lungo.


PS: questo post è lungo ma soprattutto pieno di link: cliccateli, non ve ne pentirete.

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