18 settembre 2010

Un po' di metallerie di ritorno

Questo accidenti di The Final Frontier (quarto capitolo della saga degli Iron Maiden dal rientro di capitan Bruce Dickinson) è uno dei migliori esempi di quello che io chiamo la "peste delle recensioni".
Parte un recensore - probabilmente sordo o appassionato di bossa nova - che in anteprima assoluta dice che l'album è stupendo, "un ritorno in gran forma" o adddirittura "il disco migliore della band". Qualcuno copia questa scemenza in rete, la cosa si diffonde e ormai per tutti l'album diventa il più atteso dell'anno.
Seguono buoni feedback sulle riviste di settore, parole trionfali in bocca a negozianti che non ascoltano musica e chiacchiere da bar tra appassionati che però ancora devono ascoltare una sola nota.
Poi finalmente ascolti il disco e il bubbone esplode.
Si, perchè The Final Frontier è un disco moscio, stanco, privo di idee e soprattutto noioso come un documentario sullo svernamento delle talpe normanne. Se siete curiosi, ascoltate solo la prima traccia e non ci sarà altro da aggiungere.

Molto strano invece il caso del nuovo disco di Ozzy Osbourne. Come tutti sapete, il signore in questione è affetto da malattie nervose d'ogni genere, ha smesso di fare buoni dischi dall'89 e si è reso ridicolo agli occhi del mondo mettendo in piazza la propria terrificante famiglia in uno dei reality più seguiti della già orrenda storia della TV americana. Ciononostante, è ancora molto amato dai fan del metal, che ne rispettano lo status di padrino del genere grazie alla storica militanza nella più grande band di sempre (questa è una di quelle stupidaggini che puoi scrivere tranquillamente perchè nessuno può veramente contestarle), ossia gli immani Black Sabbath.
Scream
è, ovviamente, un tentativo di continuare a fare cassa prima che il buon vecchio Ozzy non si regga più in piedi. D'altronde, devono aver pensato alla casa discografica, anche Dio che pareva stesse ancora benone alla fin fine è morto. Ecco allora un album in cui su tutto prevale la produzione: la voce è talmente filtrata, corretta, auto-tunizzata ed effettata che potrebbe trattarsi di un qualsiasi imitatore (anche scarso); la chitarra (non più affidata al potentissimo Zakk Wylde) suona come una collezione di clichè dell'heavy metal; il livello medio di scrittura dei brani è decisamente mediocre. Eppure... per qualche ragione quest'album, laddove si abbia la ventura di giungere al terzo ascolto, ti entra nel cervello e vi si stabilisce comodamente, nel settore "dischi che mi stanno simpatici". Sarà che è un ottimo disco pop, prodotto come un disco pop da gente che evidentemente ci sa fare.

Gli Apocalyptica sono in giro da almeno 15 anni (il primo album è dell'ormai lontanissimo 1996) ma continuano ad aggregare consensi. D'altronde il meccanismo è semplice: per ogni metal kid deve arrivare prima o poi la fase in cui ci si rende conto che il metal discende dalla musica classica (anche se le cose non stanno proprio così, ma prima o poi lo si pensa), e quindi quando si scopre che qualcuno fa metal con i violoncelli, la curiosità si accende facilmente.
Per me che li seguo ormai da molti anni, i veri Apocalyptica sono quelli di Cult: musica strumentale originale, violoncelli usati sia come tali che come chitarre elettriche, batteria qua e là (soprattutto quando c'è un tale Dave Lombardo alle pelli, si ascolti questo pezzo su tutti), qualche cover giusto per gradire (parliamo di una band che ha esordito con un disco di sole cover dei Metallica).
Quando fanno canzoncine pseudo-metal ad uso e consumo della MTV generation mi fanno incazzare. The 7th Symphony è un bell'album se si considerano solo i pezzi strumentali (l'opener At the Gates of Manala, la possente 2010, la classicheggiante Beautiful, la straordinaria On the Rooftop with Quasimodo e anche le conclusive Sacra e Rage of Poseidon). Le canzoni purtroppo sono molto mediocri, e in particolare una (Broken Pieces) è atroce. Consiglio molto vivamente l'edizione deluxe che contiene due ottimi brani strumentali in più e un bel DVD acustico.

Perchè Zakk Wylde non suona nell'ultimo disco di Ozzy Osbourne? Proprio il principe delle tenebre in persona ha dichiarato che non c'è alcuna ragione musicale o personale, ma semplicemente non gli andava più che i suoi dischi suonassero così tanto come quelli dei Black Label Society. E in effetti la chitarra di Mr Wylde è talmente riconoscibile che la sovrapposizione era evidente, lasciamo stare poi gli inevitabili confronti qualitativi (qualsiasi album dei BLS è superiore a qualsiasi album di Ozzy successivo a No More Tears).
Order Of The Black arriva a ben 4 anni di distanza dal precedente Shot To Hell. Mai i nostri ci avevano messo tanto tempo a dare seguito ad un disco. Le ragioni ci saranno, ma quello che posso dirvi con certezza è che la formula si è ormai usurata e che forse sarebbe ora di un cambio di direzione. Se non conoscete nulla dei BLS, quest'album andrà benissimo e vi stordirà con la mostruosa tecnica del leader e con la potenza sonora di una band eccellente. Ma in caso contrario vi domanderete, esattamente come il sottoscritto, cosa farvene di un disco che suona esattamente come una compilation di tutti gli altri.

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