
Il terzo album giunge come conferma di un gruppo che ormai non ha nulla da dimostrare, anzi può permettersi di giocare con la propria formula sperimentando qualcosa di diverso. Abbandonati dunque - credo temporaneamente, ma questo si vedrà - i brani lunghi e strutturati, e accantonati i riff più hard e gli elementi più "estremi" del repertorio, nel nuovo Wilderness Heart i nostri sfoggiano l'anima più pop, con canzoni da tre minuti che delizieranno i nostalgici delle classifiche dei seventies, lasciando magari più freddi quelli come me che amavano i momenti più heavy e le cavalcate psichedeliche.
Si tratta senza dubbio di un disco godibile. Come già detto, non mi fa impazzire, ma si sente tanto mestiere ed una vena melodica non comune. È un tassello in quella che potrebbe diventare una storia anche molto lunga se la band saprà continuare a reinventarsi e non si farà spazzare via con la moda della strumentazione polverosa e delle foto virate sul rosso in stile "vecchie vacanze di papà e mammà", un filone che certamente diventerà stantio nel giro dei prossimi mesi.
Nessun commento:
Posta un commento