25 settembre 2011

Ritorni e cambiamenti dai '90 (capitolo 2)

Continuo la breve carrellata sui dischi appena usciti da band "anni 90".
Anche stavolta, un KO e un OK, per la parità. Accomodatevi.

Red Hot Chili Peppers: I'm With You

Va bene, ammettiamolo: i Red Hot sono una band nata negli anni '80, e negli anni '80 hanno sfornato ben 4 album. Ma il cambio di formazione dell'89, e il successo planetario conquistato con Blood Sugar Sex Magic solo nel 1991, ne fanno una band anni '90 a tutti gli effetti. Chiedete in giro ai 40enni a quale decennio associno i RHCP, e vedete cosa vi risponderanno.

Ammettiamo anche, già che ci siamo, che io non sono certo un grande fan della band di Antony Kiedis. All'epoca, avevo trovato molto divertente Mother's Milk, e avevo apprezzato la muscolarità e lo sfoggio di figosa funkosità del già citato Blood Sugar Sex Magic, anche se me ne ero stufato presto. Avevo però amato molto One Hot Minute, l'album meno RHCP della loro carriera. Dopo li ho trovati in caduta libera, molto attratti da una commercialità che a partire da Californication è diventata il marchio di fabbrica principale dell'azienda.

Ciò nonostante, mi stupisce scoprire che I'm With You è brutto almeno quanto Stadium Arcadium, visto che se ne parlava come di un grosso rientro. Frusciante non c'è di nuovo, ma lo accenno appena, visto che la differenza stavolta è poco percettibile. Molto evidente invece la scarsità di idee che aveva già assassinato il disco precedente, e la fiacchezza del sound di una band che forse a 50 anni avrebbe dovuto cambiare genere. Inutile.


Primus: Green Naugahyde

I Primus sono invece "purissimi anni '90": primo album (un live!) nell'89, e poi l'accoppiata devastante di Frizzle Fry ('90) e Sailing The Seas Of Cheese ('91) a dare alla band di Les Claypool lo status di discendenti, nientemeno, che dei Residents e dei Rush (due influenze dichiarate, forse in parte ironicamente, dal terzetto).

Dopo un picco creativo raggiunto nel 1995 con Tales from the Punchbowl, un album che aggiungeva alla solita mistura di funk, alternative rock e metal, degli elementi di squisitissima psichedelia, i tre dischi di studio successivi erano stati una lenta decadenza, sebbene il livello si fosse mantenuto sempre ben sopra la sufficienza.

Green Naugahyde è il primo disco di studio dei Primus in 12 anni: non ci avevano riprovato da Antipop del 1999. Dico la verità, quando l'ho ascoltato non mi aspettavo nulla: temevo un noioso sfoggio di perizia tecnica bassistica di Claypool in svogliate jam-session.

Invece i tre (perso per strada Tim Alexander, è stato ripescato il vecchio batterista Jay Lane a fare da spalla alla strana coppia Claypool/LaLonde) ci regalano quello che avrebbe potuto essere il degno seguito al loro momento d'oro dei primi '90. I Primus suonano esttamente come i Primus, addirittura infilando qualche gioellino e mantenendo un livello medio decisamente alto.

Certo, un disco che non cambia la storia della musica e guarda molto alla nostalgia dei "bei vecchi tempi". Ma con una freschezza e una verve che a molti farebbero invidia.

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