24 febbraio 2013

Bad Seeds, disco numero quindici in trent'anni

Sono trascorsi 30 anni dalla fondazione dei Bad Seeds, e tantissime cose sono cambiate. Tanto per dire la principale, i fondatori e membri eccellenti Blixa Bargeld e Mick Harvey hanno entrambi abbandonato la barca. Della formazione di From Her To Eternity resta ormai il solo Cave. E anche lui è passato attraverso varie mutazioni.

Sono trascorsi anche 10 anni dallo sfrotunato Nocturama, un esperimento di scrittura e registrazione di getto in studio, da tutti considerato un passo falso ed il peggior album della formazione. Anche da allora sono cambiate diverse cose. I Bad Seeds hanno dato alla luce l'anno successivo il variegato e sovrabbondante doppio Abattoir Blues/The Lyre of Orpheus, molto più all'altezza della band, poi è nato il progetto Grinderman che ha dato voce ad un aspetto viscerale, quasi furioso del vecchio Nick Cave (dai Birthday Party ai primi Bad Seeds) che giaceva dormiente da molti anni, e lo stesso album Dig, Lazarus, Dig!!! dei Bad Seeds del 2008 era su una linea simile.

Una scarica di energia ed adrenalina che però non poteva andare avanti all'infinito, pena una certa stagnazione da fine carriera, che certamente Cave è troppo lucido per consentirsi.

Non sorprende dunque che Push The Sky Away sia per contrasto un disco dai toni sommessi, caratterizzato da arrangiamenti spesso ultra-minimali, che vede un Nick Cave meno sornione e più serio, quasi al punto da fare poco se' stesso e limitarsi spesso a cantare i propri testi come se li raccontasse a un pubblico di pochi amici seduti attorno al camino.

L'album è ben scritto, ben suonato e rappresenta una tappa interessante nella lunghissima carriera di Cave e dei musicisti che lo accompagnano (qui Warren Ellis, violino, mandolino, viola, chitarra e una quantità di altri strumenti, Thomas Wydler, batteria, Jim Sclavunos, percussioni, Martyn P. Casey, basso, Conway Savage, voci, mentre di piano e organo si occupa stavolta lo stesso Cave). In qualche modo però non riesce a recuperare la magia che c'era in altre raccolte, sebbene sia probabilmente superiore ad esempio a The Boatman's Call, un altro disco dai toni pacati ma nell'insieme più accattivante nelle melodie e nell'atmosfera.

È vero anche che questa è un'opera della tarda maturità, e un disco che tanti se lo sognano (Water's Edge, Jubilee Street e la conclusiva title track sono materiale d'eccellenza, su cui qualcuno costruirebbe una intera carriera), ma per ora non mi ha fatto fare salti sulla sedia. Sarà anche che nel confronto con lo splendido Sketches From The Book Of The Dead dell'ex compagno Mick Harvey, un album costruito su toni e sonorità molto simili, quest'ultimo mi pare vincere ai punti.

PS: una nota per la copertina. Dalla prima volta che l'ho vista in rete, mesi fa, l'ho odiata. Potenzialmente è una bella foto: Cave apre la finestra e fa entrare la luce che investe il corpo della moglie. Però, quello che ci vedo io (e che ci vedono in tanti) è un uomo vestito da capo a piedi che osserva con sguardo truce (e pare fare un gesto come a cacciare via) il corpo nudo di una donna che pare essere in lacrime e sembra emanare un senso di umiliazione e di vergogna. Non vedo perchè una foto che suggerisce un'idea simile non sia stata sostituita con un'altra meglio costruita - a meno che il senso non volesse essere proprio questo. Spero di no.

2 commenti:

Michelangelo ha detto...

se interessa, qui c'è il live integrale al Fonda Theatre di Los Angeles del 21 febbraio, il cui primo set è Push The Sky Away per intero, e il cui secondo set offre molte vecchie gemme rispolverate: http://www.youtube.com/watch?v=yesmPIvqfZQ&feature=youtu.be

rose ha detto...

grazie per aver commentato la copertina, anch'io la penso così!
l'album mi sta piacendo parecchio.