Di Sanremo non ce ne frega notoriamente nulla, ma qualche anno capita anche che l'esibizione di un cantante in gara coincida con l'uscita di un bel disco.
Gazzè è all'ottava prova di studio, lo seguo dal primo album, e speravo che dopo alcuni tentennamenti visti nel precedente Quindi? riproponesse quel mix di sperimentazione, rock e gusto originale per l'arrangiamento che avevano benedetto Tra L'aratro E La Radio.
Invece Max mi ha spiazzato e ha tirato fuori un disco che suona forse meno originale di alcuni altri suoi, ma molto maturo, profondo, bello, solido come una roccia e resistente a numerosi ascolti ripetuti.
Dieci tracce per meno di 40 minuti, Sotto Casa è un disco che lascia poco spazio a frizzi e lazzi (che furono comunque di eccelsa qualità in alcuni vecchi brani di Gazzè), concede pochissimo alla "leggerezza" e punta su una materia nostalgica, a tratti amara, non seriosa ma spesso molto seria. C'è un'atmosfera adulta, anche dove si parla di argomenti triti come gli amori finiti o banali come le discussioni di coppia. E i testi, sempre brillanti, offrono stavolta in minore percentuale gli abituali raffinati giochi funambolici - che pure affiorano qua e là - ma scavano spesso in maggiore profondità, laddove non si spingono adddirittura verso una spiritualità che finora pareva esclusa dal repertorio Gazzè (il quale, ricordo, scrive quasi tutti i brani con il fratello Francesco).
Musicalmente la qualità è altissima, nelle scelte armoniche mai scontate, negli arrangiamenti curati all'inverosimile, ma anche nei fraseggi di basso che sporgono dalle trame ritmiche e nell'uso del moog e degli archi - che per una volta non sembrano una roba spalmata lì perchè con Sanremo ci stanno bene.
E poi lasciatemelo dire: in un momento in cui non riesco ad ascoltare quasi nulla, questo disco è stato una carezza di cui avevo disperatamente bisogno. E dunque, grazie, Max.
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