7 maggio 2013

Iggy and the Stooges are ready to die (?)

"Iggy and the Stooges" è un marchio di fabbrica che non appariva sulla copertina di un album dal 1973, quando Iggy Pop riformò gli Stooges (sciolti 3 anni prima), con l'aggiunta del chitarrista James Williamson e la complicità di David Bowie (in veste di produttore) e si ributtò in pista con quello che sarebbe diventato un grandissmo classico: Raw Power.

Sono passati 40 anni, e nel mezzo ci sono stati un disco a nome Williamson-Pop nel 1977, ben 16 album solisti dell'Iguana, e uno soltanto a nome Stooges, nel 2007 (con Ron Ashton alla chitarra e Mike Watt al basso), poco apprezzato sia dal pubblico che dalla critica, unanimi nel considerarlo piuttosto deboluccio.

La scelta di rispolverare la denominazione "Iggy and the Stooges" per il nuovo Ready To Die è probabilmente da far risalire al rientro di Williamson alla chitarra dopo la recente scomparsa di Ron Ashton, e il nuovo album sembra saltare a piè pari quanto fatto con lo sfortunato The Weirdness e si pone come vero seguito del disco del '73.

Ci riesce? Beh, inutile nascondersi che non può riuscirci, per ragioni storiche (ciò che era innovativo 40 anni fa, oggi può al massimo suonare come una buona copia), anagrafiche (Iggy ha 66 anni!) e anche per il senso del tutto diverso che ha oggi pubblicare un album, rispetto a quello che aveva allora (i dischi ce li si beveva dal primo all'ultimo solco centinaia di volte, oggi la norma è un paio di ascolti distratti).

Ma questa volta il tentativo è almeno credibile. La traccia di apertura Burn fa quasi il miracolo (e non per niente è stata messa lì). La tensione si tiene abbastanza alta, le due tracce lente fanno la loro porca figura, la durata contenuta (10 brani in 35 minuti) aiuta l'effetto endovena. Soprattutto, una cosa è certa: Williamson fa un lavoro egregio, e dimostra di essere sempre stato il chitarrista giusto per Iggy (riascoltare Kill City per credere). Anche l'apporto al sax di Steve Mackay non è secondario, e a tratti dà senso a brani altrimenti non eccezionali. Detto ciò, certo non è un disco essenziale, ma merita la sufficienza piena e questo non è poco, se ci pensate (cioè, ragazzi, 40 anni, ma ci rendiamo conto?)

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