8 luglio 2012

Mark and the Envy

Alfiere in ambito musicale di una politicizzazione dura e pura sin dai tempi del Pop Group (chi altri può vantare un titolo come "For How Much Longer Do We Tolerate Mass Murder?"), Mark Stewart ci ha abituati anche nella carriera solista ad uno stile intransigente anche dal punto di vista sonoro, con album ricchi di sperimentazioni ai confini con l'industrial, e spesso deliberatamente ostici.

Questo album rappresenta dunque una svolta inaspettata in una direzione molto più accessibile, anche se non si assiste all'abbandono della personalità caratteristica di Stewart, il quale si guarda bene dal gettare a mare i propri stilemi: li ammorbidisce, semmai, aggiungendo elementi di maggiore fruibilità o evitando di scivolare nel rumorismo puro come aveva spesso fatto in passato.

The Politics Of Envy è ricco di collaborazioni più che illustri: Lee "Scratch" Parry, Daddy G, Bobby Gillespie, ma non sempre queste si traducono in un vero valore aggiunto (la performance di Daddy G è alquanto inudibile, ad esempio). Non è però questo il vero problema del disco, che oscilla tra alcuni momenti buoni (soprattutto in apertura e chiusura) e altri piuttosto opachi. Mi viene da pensare che nel tentativo di raggiungere un risultato più pop, il buon Mark si sia trovato su un terreno non suo, smarrendo qua e là la direzione.

In ogni caso, un disco non da buttare, anche grazie all'attivismo mai domo che traspare dai testi, i quali alzano di una spanna anche il giudizio più intransigente sulla qualità musicale di alcuni brani.

Nota a margine per il secondo CD allegato all'edizione "speciale": si tratta di cinque remix di brani dell'album, per lo più interessanti.

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