
E' uscito nella tarda estate del 2007, ma mi sono accorto dell'esistenza di questo volume solo ora, quando l'ho trovato in bella mostra su un espositore del negozio Ricordi in galleria a Milano.
Pubblicato dalle Edizioni della
Associazione Culturale Geophonìe, si tratta di un libro fotografico di grande formato, il cui principale pregio, almeno al primo approccio, è rappresentato proprio dalle foto.
Lo sfogli e ti ritrovi immagini del 1982 con i Bauhaus in pantaloncini che giocano a calcetto (sublime contrasto tra la magrezza ed il pallore dei quattro, e l'impegno sportivo profuso); oppure di Siouxsie Sioux ai tempi d'oro, sudata e truccata come una divinità egizia in vacanza in Italia; o ancora del mai abbastanza compianto Adrian Borland, in una esibizione sul suolo italico con i magnifici Sound.
Spunto per il volume, scritto da due tarantini che hanno vissuto gli anni '80 e la new wave facendo base nell'estremità "sbagliata" della penisola, è la cronaca dei concerti organizzati al Tursport di Taranto. Complice dell'operazione editoriale, naturalmente, il revival degli anni '80 che, in modo in verità assai confuso, pervade certe uscite recenti e che probabilmente ha dato la possibilità a questo volume di vedere la luce.
Gli autori pongono l'accento sulla provincia e sul modo in cui vi erano vissuti certi fenomeni musicali e culturali, laddove Taranto viene assunta (in modo abbastanza azzeccato) come esempio tipico di provincia italiana. Ecco allora i concerti organizzati in modo pionieristico, grazie alla testardaggine di pochi organizzatori; ecco gli sparuti ma determinati gruppi di
dark e
new wavers che affrontano viaggi su e giù per la penisola per un'ora e mezza di musica elargita dal gruppo anglosassone semi sconosciuto; ecco le delusioni e gli entusiasmi, a seconda della riuscita delle serate, eventi che punteggiavano un'epoca altrimenti desolatamente vuota e fatta per il resto di serate in piazza e dischi ascoltati al buio nella solitudine della cameretta.
Quello che affascina dell'opera, e che a tratti fa indispettire il lettore "informato sui fatti", è che il libro stesso è un prodotto provinciale, con tutti gli aspetti positivi e negativi che ciò comporta. Innanzi tutto, la grafica ricorda quella dei volumetti parrocchiali degli anni '80: riquadri fuori testo, insensate aree colorate in cima o in fondo alla pagine, virgolettati a camionate, nomi in grassetto (ma perchè?) che appesantiscono inutilmente la lettura. In secondo luogo, saltano all'occhio diverse ingenuità ed inesattezze, a volte macroscopiche. Ad esempio, parlare degli Ultravox nel 1984 come un gruppo all'inizio della carriera significa ignorare la storia della band (che dal punto di vista commerciale aveva appena raggiunto l'apice del successo e si preparava al declino, mentre dal punto di vista artistico aveva smarrito la strada da tempo).
Ma è in generale la scrittura che ricorda lo stile del giornalismo musicale dell'epoca: aggettivazioni generose ed imprecise; analisi sociologiche all'acqua di rose; ricostruzione approssimativa delle carriere e discografie dei gruppi; confusione tra generi e tendenze, spesso ammucchiate in calderoni mal differenziati.
Ma qui sta il bello. Il sapore inconfondibile che tutto ciò restituisce è in se' preziosissimo, e lascia trasparire due cose rare: una passione autentica per la materia trattata e l'esperienza diretta delle cose narrate.
Se avete vissuto gli anni '80 in Italia e avete seguito le vicende musicali che toccavano di striscio il nostro paese, questo volume è imperdibile. Vi farà riassaporare odori e sensazioni sepolte ma mai dimenticate, risalenti ad epoche che per molti si situano ai margini della notte della memoria.
Al sottoscritto, ad esempio, la lettura ha fatto rivivere una trasferta notturna, con annesse vicissitudini surreali, in quel di Fratta Maggiore (SA) per un mitico concerto dei Litfiba, anno 1987. Eoni prima che Piero Pelù subisse una mutazione genetica incontrollata... ma questa è un'altra storia.