5 settembre 2008

Burroughs is a Virus

William Burroughs, oltre ad essere considerato uno dei più grandi scrittori del novecento, è stato un figura decisamente trasversale, capace di affascinare artisti di campi diversi e di esercitare su di loro un'influenza potentissima.

Sono innumerevoli i musicisti che hanno citato lo scrittore americano come ispirazione, e per rendersi conto di ciò basta pensare a quanti nomi di gruppi e titoli di canzoni siano stati tratti da titoli o parti di sue opere: si va dai Soft Machine, che presero il nome dal titolo di un racconto, agli Steely Dan, che si battezzarono da un'espressione che appare in "Naked Lunch", fino alla nota hit dei Duran Duran Wild Boys, dal titolo di un suo romanzo.

Eppure Burroughs dichiarò di non amare molto il rock, e di non ascoltare molto nessun genere di musica (e lo ripete proèrio in questo libro), sebbene fosse invece estremamente interessato ai movimenti che generavano i nuovi stili musicali o che traevano da questi ultimi linfa vitale. Fu amico di diversi musicisti, e tantissimi altri li conobbe ed ebbe modo di intervistarli o di condurvi conversazioni sugli argomenti più disparati.

Questo volumetto della benemerita Coniglio Editore raccoglie alcune interviste tra quelle pubblicate nel corso degli anni dalle riviste musicali, che coinvolgono personaggi noti del mondo della musica, a loro volta estremamente influenti sull'immaginario collettivo e su altri artisti: Bowie, Patti Smith, i Devo, Blondie. Più che interviste sembrano conversazioni tra amici, ed è proprio per questo che svelano più di quanto non sembrerebbe a prima vista.

Gli argomenti spaziano dalle scoperte scientifiche dell'epoca agli esperimenti condotti da Burroughs (con le proiezioni, col cut-up, con le registrazioni audio, con le droghe), dalle esperienze di viaggio alla musica contemporanea, dalla politica alla letteratura, e così via.

Una lettura decisamente interessante, che purtroppo risulta molto appesantita da un monumentale impianto di note, degno forse più di un testo universitario che di quello che, in definitiva, è solo un testo divulgativo. Più di metà delle lunghissime note avrebbe potuto essere abbreviato o abolito senza che se ne perdesse in chiarezza ne' in completezza d'informazioni.
E' certamentei utile trovare qualche info in più su autori e articoli semisconosciuti che vengono citati qua e là, ma ho trovato davvero fastidioso spezzare la lettura per venire edotto su cosa siano "Life" e "Newseek" (con dettagli su anno di fondazione, nomi degli editori...) o su chi fosse John F. Kennedy.

Peccato anche per la copertina - che per essere franco trovo decisamente orribile - che non rende un buon servizio al volume, presentandolo come qualcosa che non è: si voleva forse porre l'accento su elementi come droga e perdizione, di cui alla fin fine nel libro ci sono ben poche tracce.

Ciò detto, ne consiglio comunque la lettura, sia per l'interesse intrinseco, sia come incoraggiamento ad un editore che in campo musicale sta cercando di pubblicare qualcosa di valido e non le solite biografie dei Tokio Hotel (se state leggendo qualche anno dopo la pubblicazione, sostituite il nome citato con quello del gruppo inutile di turno).

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