19 settembre 2008

Motörhead forever

Appena sfornato ed eccolo qua, che mi guarda torvo dalla scrivania.
Motörizer è il ventiquattresimo disco di studio dello storico gruppo capitanato da Lemmy Kilmister, i cui inizi sembrano perdersi nella notte dei tempi (benchè risalgano alla fin fina a "soli" 30 anni fa).
Una discografia invidiabile, ma che ha corso, e corre, il rischio di riempirsi di titoli non essenziali e di perdere per strada qualità e integrità.
Eppure anche stavolta, come al solito, si parla di un album "sempre uguale" che però suona ai massimi livelli, come se un tocco magico consentisse ai tre Motörhead di continuare a "fare ottimo rock'n'roll" (parole loro) e di evitare le trappole del tempo, nelle quali invece cascano a turno tanti loro colleghi (se sto pensando ai Four Horsemen? si, ad esempio).

Motörizer si apre velocissimo e potente, come da tradizione, e se non fosse per la produzione potrebbe sembrare un album di 10, 20 o anche 30 anni fa. Il che può essere sia un male che un bene, ma visto il risultato viene da propendere per la seconda ipotesi.
Inutile stare qui a fare una lista con tanto di titoli e commenti: basti sapere che al primo seguono altri dieci brani che, pur con qualche leggera sbavatura qua e là, snocciolano l'alfabeto del rock (o del metal, se volete) in modo convincente e perentorio, e i 63 anni di Lemmy quasi quasi ti convincono che si può invecchiare in modo più che dignitoso.

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