17 maggio 2009

OSI, capitolo 3

Terzo capitolo per la saga dell'Office Of Strategic Influence nato dalla collaborazione tra Jim Matheos (chitarrista dei Fates Warning) e Kevin Moore (primo tastierista dei Dream Theater e ideatore dei Chroma Key).

Nel generale clima di paludosa mediocrità dalla quale è stata affetta l'ultima decade discografica, OSI è una delle poche isole di originalità, anche se è impossibile non percepire pesanti eco dei Fates Warning (l'album Disconnected su tutti), e delle precedenti esperienze di Moore, come pure atmosfere alla Porcupine Tree, il cui batterista partecipa a quest'ultima fatica al posto di Mike Portnoy.

L'aspetto più interessante del progetto è costituito dalla combinazione del riffing granitico e inflessibile di Matheos - venato da improvvisi spunti progressive ma mai fine a se' stesso - e dell'abile tessitura sonora dei synth di Moore, a loro volta mai virtuosistici ma sempre piegati alla creazione di trame funzionali alla creazione delle atmosfere e in molti casi, mi si scuserà l'aggettivo abusato, ipnotici.

Con il nuovo lavoro Blood siamo ancora nei territori esplorati dal precedente Free, ma il risultato è se possibile ancora più oscuro e riflessivo, tenendo salva l'invidiabile coerenza interna che permeava l'album del 2006.

Tra i brani più significativi posso citare The Escape Artist, che apre il CD e mette subito in chiaro quale sarà lo stile della raccolta; la successiva Terminal, un brano intimista per quanto si può esserlo nel metal, vero manifesto dell'uso minimale ma sapiente dell'elettronica da parte di Moore; False Start, nella quale Matheos gioca su cambi di tempo repentini e ci regala uno dei migliori momenti prog; Be The Hero, che riesce a combinare sonorità originali con un ritornello anche accattivante.

La qualità media dei brani è comunque eccellente, anche se mi ha un po' deluso Stockholm, l'unico episodio dotato di una guest star, ben pubblicizzata dall'adesivo apposto al CD: il cantante degli Opeth Mikael Åkerfeld.
Il brano non spicca rispetto ad altri momenti e la prestazione di Åkerfeld, cantante ben più dotato di Moore, non sembra necessaria a supportare il tipo di mood costruito dagli OSI.

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