17 giugno 2010

Stone Temple Pilots are alive

Dopo il ritorno degli Alice in Chains, stavolta tocca agli Stone Temple Pilots rifarsi vivi dopo tanto tempo.

Certo, si sono molte differenze tra i due ritorni - il leader degli AIC ha conosciuto una morte prematura, mentre gli STP tornano nella formazione originale; i primi non davano alle stampe un disco dal 1995, i secondi dal 2001 - ma l'analogia principale sta nel fatto che si tratta di due band che avevano conosciuto, dopo il grande successo degli anni '90, legato all'esplosione del grunge - e anche qui urge un distinguo tra lo stile delle due band, decisamente orientati al metal gli AIC, molto più glam e psichedelici gli STP - si erano poi perse per strada per ragioni legate all'abuso di droghe da parte del proprio cantante. "Non si esce vivi dagli anni '90" è un adagio che mi suona molto più realistico di quello diffuso in relazione agli anni '80.

Layne Staley se n'era andato nel 2002, dopo anni di reclusione in casa, a causa della tossicodipendenza mai vinta. Scott Weiland sostiene invece di essersi disintossicato nel medesimo anno, sebbene si siano sempre inseguite voci di ricadute. Il cantante sostiene di aver abusato d'alcol e di altre sostanze ma mai più di eroina. nel frattempo ha trovato le energie per due album con i Velvet Revolver (assieme a tre ex membri dei Guns N' Roses) e per il proprio secondo album solista. Chi come il sottoscritto ha avuto modo di vederlo dal vivo negli ultimi anni, avrebbe scommesso ben poco sul fatto che sopravvivesse ancora a lungo.

E invece. Eccolo qua Scott Weiland, ed ecco qua gli Stone Temple Pilots. Quindi anche i fratelli Robert DeLeo (basso e voce) e Dean DeLeo (chitarra), ed Eric Kretz (batteria). Negli anni '90 c'era chi li considerava un gruppo minore, troppo incline al pop, troppo leggero rispetto al grunge dei duri e puri. E certo, era vero che la band subiva influenze diversissime, mescolando qualche elemento grunge (presente soprattutto nel primo album Core) a glam, pop, psichedelia, e hard rock puro e semplice. Ma il valore di un album come Purple non può essere valutato in base all'aderenza ad uno stile formale che all'epoca pareva essere diventato obbligatorio.

Questo disco di rientro non ha purtroppo la medesima caratura dei primi lavori, ma nemmeno la piacevole giocosità di Tiny Music o l'elegante grazia compositiva del radiofonico ma ottimo No. 4. Somiglia piuttosto a Shangri-La Dee Da, il disco col quale la band si era accomiatata 9 anni fa.

Troppe banalità melodiche e una patina di vacuo negli arrangiamenti indeboliscono un lavoro che invece qua e là farebbe intravedere anche cose buone (il primo pezzo ad esempio poteva far ben sperare). Soprattutto i fratelli DeLeo, capaci di composizioni se non altro intriganti, mi deludono con scelte molto timide e generalmente banali. Peccato, anche se ci sono comunque due buone notizie: la prima è che un disco degli Stone Temple Pilots è sempre meglio che una band con Slash, la seconda è che pare che Weiland sembri un po' più in carne nei live recenti. Dai, che almeno lui ce le fa.

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