1 giugno 2011

Cat's Eyes, yaaaawn

Per questo album mi sono imbattutto nell'agghiacciante etichetta di "lounge goth pop".
Ora, dico io, a parte il brivido lungo la schiena causato dall'accostamento tra "lounge" e "goth", che bisogno c'è di inventarsi queste aggregazioni di generi, o se vogliamo queste sotto-ramificazioni di sotto-generi, quando una definizione semplice semplice esisterebbe già?

Del disco vi parlo tra un attimo, prometto. La questione dei generi è vecchia e io magari sono anche un po' troppo fissato sull'argomento, ma a volte mi pongo il problema di come si faccia, con certe definizioni in circolazione, a intuire cosa ci si può aspettare dai dischi a cui sono appiccicate.

Da un lato, è chiaro che con l'uso di etichette fantasiose si vada incontro all'esigenza di storicizzare oltre che a quella di descrivere. Esempio: i Black Mountain dei primi due album fanno "hard rock psichedelico" o "cross-vintage-post-psych-metal-rock" (giusto per buttare lì una cosa)? Per me è evidente che si cimentano nel primo, ma se uso il secondo si capisce, se non altro, che non sono una band degli anni '70. Ma qualche volta mi pare si scada davvero in accozzaglie di parole che non significano più nulla ("post" che cosa? "alternative" rispetto a chi? e via banalità).

Ma questa, mi sovviene all'improvviso, sarebbe una recensione (o almeno, potreste aspettarvi una cosa del genere) e dunque dovrei smetterla di divagare. Dunque, prima di dirvi a quale genere potrebbe appartenere questo disco secondo il mio modestissimo e abbastanza irrilevante parere, ecco un minimo di informazioni sui Cat's Eyes: si tratta di un duo costituitosi da poco, con la voce degli Horrors Faris Badwan ed il soprano canadese Rachel Zeffira, finora abbastanza sconosciuta fuori dall'ambito classico. I due si sono incontrati e si sono tanto piaciuti (artisticamente parlando, perchè sull'aspetto personale non vogliono rilasciare commenti) ed hanno iniziato a mettere insieme qualche nota, anche grazie al fatto che lei è una polistrumentista ed entrambi cantano. La cosa è andata abbastanza avanti da portarli a cantare in Vaticano (si, esatto, avete letto bene), poi a dare alla luce un EP e infine a rilasciare questo primo album omonimo.

Faris Badwan ha dichiarato che sentiva il bisogno di cambiare un po' aria e di spaziare fuori dai territori tipici degli Horrors (che pure avevano fatto un bel salto di direzione dal primo al secondo album). E Cat's Eyes se ne discosta abbastanza, grazie alla voce gorgheggiante e a tratti eterea di Zeffira, agli arrangiamenti orchestrali, al ripescaggio a mani basse dai repertori degli anni '60 e '70, soprattutto dai "girl's group" alla Shangri-La's e dalla tradizione della canzone a due voci "lui tenebroso lei esile e un po' giuliva".

Il disco è stato accolto con enorme favore e quasi osannato. Per me, al di là di qualche momento fortunato, è uno sbadiglio quasi totale. La voce di Zaffira non ha nulla di memorabile, Badwan invece ha personalità da vendere ma in questa raccolta di canzoni non la mette a frutto come potrebbe. Il problema è che l'album (che dura poco più di 28 minuti) mette insieme tutti i luoghi comuni del revival vintage, una moda ormai già vecchia, e quindi giù con i coretti anni '60, con i richiami alle colonne sonore del solito Morricone, con i deja-vu alla Gainsbourg-Birkin, ma non riesce ad imbroccare uno stile personale, e rimane una sorta di compilation impressionista: cosine carine buttate là ma niente di più. Quando non scade nel mal riuscito, vedi per esempio Face in a Crowd - l'apoteosi di una certa vacuità musicale vacanziera (personalmente, mi evoca un balletto da spiaggia delle nostre mamme immortalato in una Polaroid scolorita, e i due de Il Genio ne avrebbero forse tirato fuori qualcosa di meglio) - oppure Not a Friend, melensa tirata soporifera di voce ispirata e sonorità eteree che vorrebbe riportare alla mente i fasti dei This Mortal Coil o di Julee Cruise ma al confronto fa solo sorridere.

Una noia pazzesca, insomma. Ma piace a tutti, quindi magari se siete curiosi ascoltatevelo lo stesso, che potrebbe piacere anche a voi.
Ah, era rimasta in sospeso la questione del genere. Diciamo che questo è senza tanti giri di parole "pop anni '60". Ma anche "lounge goth pop", dopo tutto, non era male, sapete?

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