16 giugno 2011

Peter Murphy Ninth

Peter Murphy aveva annunciato l'imminente rilascio di quest'album da quasi due anni, tanto è vero che aveva iniziato a suonarne alcuni brani già nel tour del 2009.

Per qualche motivo l'uscita è slittata fino a questi giorni, ma Ninth è finalmente nei negozi e possiamo dunque ascoltarlo e parlarne. Il titolo, innanzi tutto: questo è in realtà l'ottavo album di studio, che segue il precedente Unshattered dell'oramai lontano 2004, ma a tutti gli effetti il nono della carriera solista di Murphy, se contiamo anche il live uscito nel 2002.

Musicalmente, l'album è un chiarissimo ritorno al passato. Con Ninth, Murphy sembra aver capito che i cambiamenti di direzione degli ultimi due dischi non gli avevano assicurato la simpatia di un nuovo pubblico, anzi avevano allontanato parte della fan-base di un tempo. E allora si torna alle sonorità ed al songwriting degli album, più "classici" come Holy Smoke e Deep.

Il problema è che di quei dischi eredita pari pari anche i difetti. C'è poco da fara: senza i Bauhaus, Murphy è un grande interprete ma non riesce ad essere autore di brani memorabili. Qui ne spiccano tre o quattro, mentre il resto va bene per un effetto nostalgia, ma ad essere sinceri fa da onesto riempitivo. Riempitivo di lusso, sia chiaro: il nostro con quella voce potrebbe cantare qualsiasi cosa. Ma da un simile mostro sacro sarebbe lecito attendersi anche qualcosa di più.

Menzione d'onore per la splendida I Spit Roses, romantica, ben strutturata e arrangiata con cura (e anche accompaganata da un video all'altezza), e per Memory Go, frizzante ed orecchiabile ma cantata con una classe che la rende un vero gioiellino. Tra le altre, non male per esempio See Saw Sway e The Prince & All Lady Shed; ma come si è detto, il livello medio è da sufficienza e non me la sento di gridare al miracolo (come vedo fare da molti altri in giro per il web).

Ultima piccola grande osservzaione: questa band non mi piace. Solida, quadrata, fa bene il suo compitino ma non riesce a dare all'ex vampiro quello che gli manca: un Daniel Ash. Questa chitarra perennemente compressa, piatta piatta e senza fantasia, non è degna di un Peter Murphy. Urgerebbe un innesto di altra levatura.

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