7 ottobre 2009

Peter Murphy live a Milano, Alcatraz, 05/10/2009

Peccato che fossimo davvero pochini lunedì sera all'Alcatraz.

Peccato perchè il concerto di Peter Murphy (per chi non se lo ricordasse, parliamo del cantante dei grandi Bauhaus) avrebbe meritato un'audience decisamente più nutrita delle scarse 300 persone che ho contato a occhio.

E l'avrebbe meritata a prescindere dal suo status di leggenda vivente (o non morta, se vogliamo scavare nell'immaginario della vecchia hit alternativa Bela Lugosi Is Dead) della scena proto-goth inglese.

La carriera solista del signor Murphy inizia già nel 1983, subito dopo lo split della band, quando si dedica al progetto Dali's Car con Mick Karn (reduce dalla carriera di bassista dei Japan). Nel 1986 esce il primo album a suo nome, seguito nei due decenni successivi da uscite sporadiche ma piuttosto regolari, fino a totalizzare sette album, un live ed una raccolta.

E a breve uscirà l'ottavo album. Nel frattempo vengono pubblicate alcune cover di brani amati dal cantante, il quale non ha mai nascosto la propria passione per la scena glam degli anni '70. Una tradizione, quella delle cover, che viene diritta diritta dagli anni con i Bauhaus, che quasi ne abusarono riportando al successo, tra gli altri, pezzi di Bowie (vedi l'indimenticata Ziggy Stardust, non a caso riproposta in questo tour) e di Marc Bolan. Non per niente questa serie di concerti prende il nome di Secret Cover Tour.

Onorato l'obbligo di questo veloce riassunto, vengo alla sostanza: Peter Murphy è uno di quei personaggi che, nonostante l'età, e nonostante - va detto - un repertorio non sempre brillante, riempiono la scena con un gesto, con uno sguardo, con una pausa, con una battuta. Una capacità di generare atmosfera e di caricare di significato espedienti che in mano ad altri parrebbero banali e triti, che la dice lunga sulla stoffa di un artista la cui grandezza è stata ancora una volta dimostrata sul palco dell'Alcatraz. Per tacere di una voce da brividi che riesce a nobilitare anche la più scipita delle canzoni - figuriamoci quando affronta cose come Every Dream Home A Heartache dei Roxy Music, oppure Transmission dei Joy Division o ancora, in chiusura di serata, l'intramontabile Space Oddity del solito Bowie.

Non è mancata una riproposizione di The Passion Of Lovers dei Bauhaus (nel tripudio del pubblico che non aspettava altro) ma anche di Too Much 21st Century, brano di apertura del disco di addio della band pubblicato nel 2008.

Dal proprio repertorio il nostro ha ripescato alcune delle canzoni che più strizzano l'occhio al passato new wave: cito a memoria All Night Long, Socrates The Python, Time Has Nothing To Do With It, Deep Ocean Vast Sea, Cuts You Up, A Strange Kind Of Love...
Molte però anche le canzoni inedite, scelte tra quelle che riempiranno il prossimo disco.

Un doveroso plauso va ad un artista che avrebbe potuto facilmente, superati i 50 anni, riposare sugli allori del proprio stesso mito e continuare a riempire palazzetti con l'ennesima reunion dei Bauhaus, e che ha invece preferito scommettere ancora una volta su se' stesso e sul futuro, scegliendo di radunare 300 persone a serata in un tour lungo e faticoso, incentrato sul nuovo materiale nel quale, evidentemente, crede molto.

A chi dal pubblico gli urlava l'ennesimo titolo dei Bauhaus, nel solito giochino stupido dei "desiderata" che si ripropone in queste occasioni, Murphy ha risposto, pressapoco: "You want to listen to a classic, and this is a new song. But in 4 years you will hear this song and say ooh, this is a classic Peter Murphy song... So imagine you listen to this song in 4 years. It's a classic."
Chapeau.

2 commenti:

rose ha detto...

be', è un grande. avendolo già visto, quel lunedì sono stata a casa, ma ecco che mi pento!

Michelangelo ha detto...

un po' di pentimento in tal caso è cosa buona e giusta...
io in passato ho dovuto pentirmi di altri appuntamenti mancati (di recente, vedi Siouxsie) e ho imparato a non lasciarmi più fregare.