19 ottobre 2009

And Also The Trees al COX18, 17/10/2009

Un ottobre bello ricco, quello che si è profilato a Milano per i nostalgici, romantici, gotici ed ex-gotici terribilmente radificati negli anni '80 come il sottoscritto.

Dopo l'ottima serata trascorsa con Peter Murphy, ed in attesa del faraonico Bats over Milan che si svolgerà nel prossimo weekend, sabato scorso è stata la volta degli And Also The Trees, impegnati con il tour acustico legato all'uscita dell'album When The Rains Come.

Cornice inusuale per questo tipo di serata il COX 18, lo storico centro sociale sul naviglio pavese, di recente tornato agli onori delle cronache per storie di sgomberi e ri-occupazioni.

Il palco di dimensioni lillipuziane e le condizioni acustiche piuttosto avverse della sala non sono riusciti fortunatamente a rovinare la performance della gloriosa band di Inkberrow, che occupa un posto importante nel mio cuore per le emozioni che ho sempre trovato stratificate nella loro musica vibrante e nei testi di rara bellezza. Se c'è un gruppo che interpreta l'aggettivo "gotico" in senso letterale e letterario, questi sono gli And Also The Trees.

La formazione che si presenta dopo mezzanotte sul palchetto del Conchetta è composta di quattro elementi. I due soli superstiti della formazione originale sono il cantante Simon Huw Jones (con capelli scarmigliati e barbetta incolta, un look inaugurato solo nel recente passato) e il chitarrista Justin Jones (che sembra un ragazzino, e invece all'anagrafe conta 45 anni suonati). Li accompagnano gli ottimi Ian Jenkins al contrabasso (che si esibisce in una esecuzione di incredibile precisione) e la talentuosa tastierista Emer Brizzolara, che per l'occasione ha sfruttato percussioni cromatiche e solo occasionalmente una diamonica.

Il concerto parte lentamente e con toni soffusi, le dinamiche molto schiacciate, con Shantell a darmi subito una fitta di nostalgia, seguita da Candace, poi The Suffering Of The Stream e via via brani da tutta la produzione - che conta ormai ben dieci album di studio. Ma con l'avanzare della scaletta la voce di Simon Huw Jones si scalda sempre più, mentre la performance con piccoli incrementi assume l'intensità che fa da marchio di fabbrica per gli AATT sin dagli esordi; i crescendo diventano sempre più marcati, la tensione drammatica cresce. Su Street Organ Justin imbraccia la fisarmonica, e l'esecuzione mi mette i brividi. Il set si chiude con il vecchio brano A Room Lives in Lucy e infine con una meravigliosa versione di The Untangled Man.

Il secondo set, molto più breve, si apre con Vincent Craine e, passando per Wallpaper Dying, viene chiuso da una fantastica interpretazione di Virus Meadow, che mi compensa dell'assenza della pur attesissima Slow Pulse Boy.

In tutto una ventina di brani durante i quali non posso che emozionarmi pensando a quante volte ho ascoltato queste canzoni negli ultimi vent'anni. Che posso dire? Grazie, grazie, grazie.

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