23 ottobre 2009

Ist Liebe Für Alle Da? (domande sui Rammstein)

I Rammstein sono un oggetto decisamente misterioso. Tutto in loro sa di fasullo, di prefabbricato, odorano di plastica come action figures del metal appena scartate.
Eppure emozionano, appassionano, piacciono a qualsiasi metallaro ed anche a qualche non metallaro. Come fanno? Questa è la prima domanda, e conto per ora di lasciarla irrisolta. Rifletterò sulla questione in altra sede, magari.

Ora è il momento di parlare di Liebe Ist Für Alle Da, il nuovo album giunto a quasi un lustro dal precedente. Prima di spararlo a volume insano nel lettore, mi chiedevo soprattutto una cosa: sarà migliore del tutto sommato deludente Rosenrot? Seconda domanda. Azzarderò una risposta, ma datemi tempo.

Lasciando per un attimo da parte l'aspetto goliardico predominante nel lancio dell'album (penso al video del singolo Pussy, che termina in scene di pornografia esplicita), quello che percepisco da un punto di vista strettamente musicale da parte degli alfieri del "tanz metall" è, più che un passo in avanti, uno scarto di lato.

Cosa potevano fare i R+ per suonare più cattivi, più disturbanti, più ammalianti che in Mutter o in Sennsucht? Terza domanda, e qui risposta secca: nulla, non potevano fare davvero più nulla per superarsi, e questo era proprio quanto esprimeva l'album precedente. Nonostante gli sforzi, battersi era diventato un obiettivo irraggiungibile. E allora, con calma, da veri professionisti capaci di calcolo e pazienza, i nostri hanno speso i quattro anni trascorsi per rifare i Rammstein uguali a prima ma diversamente uguali.

E hanno fatto spaventosamente centro. Il nuovo disco è un capolavoro di equilibrismi, capace di crescere ascolto dopo ascolto, denso di momenti di intensità sulfurea e traboccante di elementi che si stampano nei neuroni come una droga chimica, costringendo alla dipendenza.
Il tutto, calcando pesantemente sul loro classico riff-o-rama di base - chi distingue un granitico muro di chitarra dall'altro? quarta domanda, ma essendo retorica non vale - lavorando però sui pezzi in modo da caratterizzarli e renderli unici, perfettamente distinguibili e funzionali allo sviluppo del disco. Ehi, mi viene da pensare, ma hanno ragionato come per un disco pop! Già. Qui la domanda la salto e passo alla risposta: certo, i Rammstein sono, semplicemente, una grande pop band che sfrutta elementi del metal, ormai assimilati dall'immaginario collettivo, e li fonde con gli elementi più disparati, tutti però dal forte impatto sulla fantasia e capaci di piantarsi nella memoria.

Il livello delle composizioni è mediamente buono, con qualche eccellenza e poche vere delusioni. Tra i brani migliori rientrano i primi tre - Rammlied, che rimescola efficacemente vecchi elementi del sound "alla Rammstein", l'ottima Ich Tu Dir Weh, la violenta Waidmanns Heil, che usa toni epici per un testo sulla caccia che farà ovviamente discutere - e l'eccellente title track, forse il pezzo più riuscito del disco.
Interessanti la pesantissima Bückstabü, in cui il canto si avvicina un po' al growl, e la ballata Frühling In Paris, in cui i toni si fanno decisamente più romantici: questo è un album in cui la voce di Till Lindeman è finalmente capace di spaziare un po' di più che non nel passato.
Dopo qualche ascolto si fanno apprezzare anche i brani più calssicamente metal, come Wiener Blut e Mehr, ben scritte e ben arrangiate anche se quasi prive dell'apporto delle tastiere di Flake.
Bruttina invece la depechemodiana Haifisch, troppo orecchiabile e basata su una melodia scontatissima e su tastiere davvero abusate.
Inaccettabile, anche come scherzo, l'orrida Pussy. Ne avevo già abbastanza delle varie Amerika e Te Quiero Puta per tollerare un'altra barzelletta musicata.
Discorso a parte per la conclusiva Roter Sand, ballatona epica ben riuscita ma che paga lo scotto di giungere come secondo pezzo lento in un solo album.

Ma dunque, alla fine, quest'album è migliore di Rosenrot? Si, abbastanza, ma non raggiunge le vette del passato. E' interessante però la scelta di innovare la formula, nei limiti del possibile. Attendo i sei germanici al varco del prossimo album. E, nel frattempo, faccio air guitar su questo. Fortuna che non mi vede nessuno.

Post Scriptum: ma quanto è bello l'artwork? Ehi, un'altra domanda. Rispondo subito: molto, molto bello.

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