2 febbraio 2008

Chrisma de-hibernati

Era il 1977, anno cruciale per la musica occidentale.
Il punk era all'apice della sua esplosione, il rock progressivo e la psichedelia affrontavano una grave crisi creativa e di pubblico, e venivano gettate le basi di quella che sarà definita, in modo frettoloso, "new wave".
Il pop, come al solito, assorbiva tutto da tutti, continuando per la sua strada ma adattando l'abito alla moda del momento.
In Italia, come sempre era stato e come sarà nel futuro, ben poco si muoveva che fosse fuori dalla tradizione. Una rarissima eccezione furono i Chrisma.
Maurizio Arcieri non era un ragazzino ne' una figura nuova per la musica italiana: nato nel 1948, negli anni '60 era stato il frontman dei New Dada, formazione beat di grande successo che ebbe addirittura l'onore di fare da spalla ai Beatles. Esaurita questa esperienza, il nostro aveva dato alle stampe alcuni album solisti.
Il progetto Chrisma era nato nel 1976 dalla collaborazione tra Maurizio e Christina Moser, sua fan di vecchia data e poi moglie. Il nome del gruppo è semplicemente la contrazione dei nomi propri dei due.
Il primo album, Chinese Restaurant, viene registrato tra Milano e Londra, esce nel 1977 ed è quanto di più originale e di meno italiano fosse mai stato stampato nel belpaese. Elettronica di diretta discendenza "berlinese" (il riferimento è al Bowie di Low e Heroes), con influenze rintracciabili negli Ultravox e addirittura nei Suicide, ma con sprazzi chitarristici di chiara matrice newyorchese. Le voci di Maurizio e Christina, sussurrate, filtrate, a volte gelide a volte arrabbiate, contribuiscono a creare un mix inedito tra punk, sperimentazione e avanguardia (che sarà poi il vero filone della new wave europea).
Ci pensa, due anni dopo, il secondo lavoro, Hibernation, a dimostrare che non si trattava di un exploit effimero: l'album ricalca le coordinate del primo disco, con risultati ugualmente brillanti.
Solo con Cathode Mamma, dell'81, si avverte un cambiamento di rotta: il nome si modifica in Krisma con la K, lo stile si fa molto più vicino all'electropop, più consumabile, anche se restano vivi la sperimentazione e la voglia di stupire.
Seguiranno altri 4 album, ma mi fermo qui perchè quello che voglio segnalarvi è la ristampa, nei negozi da qualche mese, dei primi tre titoli. Vi consiglio di dare un ascolto almeno a Chinese Restaurant: scoprirete, se non altro, quanto la musica italiana avrebbe potuto fare se le case discografiche avessero saputo vedere un po' più in là del proprio naso.

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