24 febbraio 2008

E così sia. O no? Baustelle and me

Ogni tanto mi toccherà pure farlo: parlare di un disco che non mi è piaciuto. Altrimenti rischio di far sembrare che mi piaccia tutto, oppure che non faccia lo sforzo di uscire dal cerchio delle mie abitudini musicali.

In realtà ascolto tanta roba, ma poi mi viene spontaneo parlare solo di quella che mi appassiona, dei dischi che desidero riascoltare, della musica che trovo degna di essere ricordata.

Non rientra in tali categorie l'ultima fatica dei Baustelle, album che invece ha generato un plebiscito positivo nella critica tutta, con toni a volte addirittura entusiastici. Dal trafiletto sul giornalino distribuito gratuitamente fuori la metropolitana, agli articoli di quattro pagine delle riviste specializzate, è tutto uno spiegare quanto siamo fortunati che i Baustelle esistano e facciano dischi come questo.

Per chi si fosse distratto, ricordo che Amen è il quarto album del gruppo toscano. La storia discografica dei Baustelle è strana: hanno pubblicato i primi due dischi nell'indifferenza quasi generale (parlo dei media, perchè un seguito di culto c'è sempre stato), ma sono poi balzati agli onori della cronaca con il precedente terzo album (La Malavita, lanciato dal fortunato singolo La guerra è finita).

Personalmente, ho acquistato sia questo album che il precedente per regalarli. Il ripetuto ascolto è stato una conseguenza naturale. Pregiudizi non ne ho mai avuti, quindi non credo di essermi auto-influenzato. Cioè, si fosse trattato dei Negramaro, forse non riconoscerei un loro eventuale capolavoro neppure sotto tortura. Ma i Baustelle quest'aura negativa non ce l'hanno. Per cui se non mi piacciono, non c'è da discutere, è perchè non mi piacciono.

Stranamente, non mi piacciono proprio nella misura in cui per certi versi potrebbero piacermi. Bianconi scrive testi molto intelligenti, con riferimenti letterari azzeccati ed uno sguardo disincantato sulla realtà. Decadentismo ed ironia si mescolano in modo interessante, con scenari da film noir a fare capolino qua e là. E forse è un certo intellettualismo - peraltro pervicacemente negato nelle interviste - a darmi fastidio. Però, mi viene da pensare, se si trattasse solo di questo, allora perchè dovrebbe continuare a piacermi, ad esempio, Battiato? Uno che trasuda intellettualismo da tutti i pori, uno che si fa scrivere i testi da Manlio Sgalambro, uno pesante come un collare di piombo. Eppure mi piace quasi sempre.
E infatti, dell'altro c'è - ed è che questo disco dal punto di vista musicale è una noia mortale. Magari non per tutti, ma per me certamente. Arrangiamenti smorti, linee melodiche raffazzonate, un tripudio di indecisione tra l'alternativo ed inl commerciale. Sembra scritto per un Sanremo un po' più intellettuale, ma sempre in stile RAI: condotto da Marzullo, diciamo, al posto di Pippo. L'album è stato concepito in modo da attrarre un pubblico attento alle parole più che alla musica, spalmando una certa atmosfera da generica nostalgia che non ha delle radici precise ma ricorda un po' le vecchie colonne sonore, un po' i soliti clichè della musica italiana, e che si smarrisce nella banalità proprio laddove vorrebbe essere più moderno, cioè nelle tastiere e nella programmazione.

Questo mi pare il peggiore difetto dei Baustelle, che li relega in una terra di mezzo che non so bene identificare. Quando uscì La Malavita, ancora indeciso sul giudizio che avevo del gruppo, andai a vederli al Rolling Stone di Milano. Conoscendo il repertorio del gruppo, mi aspettavo un pubblico di venti-trentenni che avrebbero ascoltato l'esibizione più o meno in silenzio. Trovai invece una folla di adolescenti scalmanati e strafatti che volevano sbattersi come se fossero ad un concerto dei Tokio Hotel. La cosa fu illuminante, anche se tuttora mi pare strana e me la spiego solo in parte con l'heavy rotation del video di La Guerra E' Finita.

Poi, magari, ci ripenserò, e Amen mi sembrerà un gran disco. Fosse solo per i testi...
"Satana è all’inferno per te. Ed è più moderno di te. [...] Pasolini è morto per te. Morto a bastonate per te. Nello stesso istante. In qualche altra spiaggia. Si è fatto l’amore. [...] Bisogna studiare Baudelaire. Saffo s’è ammazzata per noi. Socrate suicida per noi. Vivere per sempre. Ci vuole coraggio. Datti al giardinaggio dei fiori del male." Versi che mi attraggono e mi respingono.
Potrei ripensarci, ma poi mi ricordo che per farlo dovrei superare la barriera di questa musica così noiosa.
Chissà.

Nessun commento: