1 marzo 2008

Dig, Nick, Dig!!!

Accantonato per il momento l'alter ego Grinderman (ma ha promesso un secondo album a breve) Nick Cave torna con i Bad Seeds dopo uno iato di 3 anni e mezzo, nel quale ha infilato il già citato Grinderman, due colonne sonore, un DVD live e una raccolta di b-side e rarità.
Un ruolino di marcia piuttosto fitto, un po' come si usava ai vecchi tempi - un album all'anno era la regola per qualsiasi artista fino ai primi anni '80 - che potrebbe avere l'effetto di appesantire l'offerta e di abbassarne la qualità. Ma questo pare non valere per il vecchio Re Inchiostro, che sforna con questo Dig, Lazarus, Dig, un album quanto meno interessante e variegato, sicuramente non scadente come anche avrebbe potuto succedere.

Nelle recenti interviste Nick ha spiegato che "volevamo fare un album guidato da una chitarra acustica anche nelle fasi più aggressive" e che "volevo distanziarmi dal suono degli ultimi quattro o cinque album in cui c’era veramente molto piano". Via dunque il piano, e spazio a una sonorità basata su una chitarra acustica molto presente, usata in modo sostanzialmente ritmico, sulla quale l'elettrica e il violino lavorano in modo melodico ma più spesso rumoristico.

Al primo ascolto saltano subito all'orecchio alcuni elementi. Innanzi tutto, gli arrangiamenti, basati su un organico compatto e che tendono a dare una forte coerenza all'album, pur con la presenza di materiale molto variegato dal punto di vista compositivo. Il che va in forte contrasto con il precedente Abattoir Blues - The Lyre of Orpheus, nel quale avevano trovato posto arrangiamenti e sonorità tra i più disparati. In secondo luogo, si fa notare l'assenza di quelle oscure ballate che sono state una caratteristica saliente dei Bad Seeds di fine '90 e che non erano mai state del tutto messe da parte, fino ad ora. E infine, una certa giocosità, a volte in chiave ironica, a volte semplicemente ludica, mitigata solo negli episodi più blues che suonano più sinistri ed evocano in certi momenti i primi episodi dei Bad Seeds.

Ho ascoltato troppo poco l'album per un giudizio definitivo. Sicuramente un lavoro non interlocutorio, con testi al livello al quale Nick Cave ci ha abituati, suonato con passione ed alla ricerca di una immediatezza che stupisce per un gruppo di cinquantenni.
Non so se, alla lunga, sarà annoverabile tra i miei dischi preferiti dei Bad Seeds, essendo un po' troppo lontano dalla formula alla quale mi sono affezionato. Ma questo non è detto.

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