18 novembre 2009

1, x,... xx

Bisognerebbe trovare il modo di vietare ai recensori di creare false aspettative utilizzando associazioni improprie per descrivere un nuovo album.

Per questo disco dei giovanissimi xx ho letto da più parti che ricorderebbe il meraviglioso unico album degli Young Marble Giants.

Riconosco qualche rassomiglianza ma lo preciso subito: i due lavori sono imparagonabili perchè qui manca la straordinaria ingenuità che donava a quel lavoro, costruito su pochissimi suoni e su una scrittura limpida e originale, un'alchimia che oggi è impossibile. E lo è perchè l'ingenuità non esiste più.

Laddove ce n'è, viene attenuata dalla consapevolezza dei propri mezzi, delle mode e dei gusti del pubblico che oggi anche un giovanissimo quartetto come gli xx può possedere e tenere in considerazione nell'autoprodursi un'uscita discografica.

Premesso questo, l'album d'esordio è delizioso: pur essendo assemblato a partire da echi riconoscibili e obbligatori di questi tempi (anni 80 a palate), è capace di alcuni momenti memorabili e con i suoi 38 minuti circa scivola via che è un piacere e invoglia ad ascolti ripetuti. Come primo lavoro non è proprio malaccio, e questi ragazzini vanno tenuti d'occhio.

Secondo commento letto qua e là: gli xx sarebbero spudorati imitatori degli Human League. Per fare una simile affermzaione basta, ovviamente, non aver mai ascoltato un album degli Human League, o forse essersi basati solo sulle foto in cui i quattro ragazzi possono ricordarne il look (ma diciamo la verità: non vi ricordano il look di altri 100 gruppi post-punk / new wave?)

In realtà nelle tracce di questo disco c'è tutt'altro.
Si parte con un intro strumentale debitore dei New Order (quelli di Low Life) ma poi si scivola verso un dark-soul minimale che spazia da reminiscenze dei Cocteau Twins, Cure e Pixies assieme (i singoli Crystalized e Islands sono quasi perfetti) a brani più upbeat che mi ricordano soprattutto gli Everything But The Girl, ma anche tanto soul anni 90/00 (Heart Skipped a Beat, Basic Space), senza disdegnare una puntatina in atmosfere ipno-ambient alla Coil (l'onirica Fantasy). L'intreccio delle due voci è piacevole ed attenua l'effetto ripetizione che pure qua è là viene rischiato. Arriva come una sorpresa la ripresa, quasi a fine album nella bella Infinity, delle sonorità riconoscibilissime del successo di Chris Isaak Wicked Game

Una veloce annotazione sul packaging: per il materiale usato e per l'idea semplice, fanciullesca e di assoluta integrità ricorda i libricini di Munari, e questo basta a renderlo speciale.

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