19 dicembre 2012

Scott Walker: Bish Bosch

Carriera lunga e complessa quella di Scott Walker, che si è dipanata nel corso di quarant'anni partendo dal pop dei primi album fino alla trilogia oscura e sperimentale di cui il nuovo Bish Bosch è il terzo capitolo.

Difficile pararne senza premettere che si tratta di un album ostico, astratto e in larga parte claustrofobico, il cui ascolto mette a disagio anche l'ascoltatore pià assuefatto a musica non convenzionale come il sottoscritto.

Non sorprende che sia stato accolto dalla critica come un capolavoro, e da gran parte del pubblico come qualcosa di sostanzialmente inascoltabile. La mia impressione è che Walker abbia intrapreso una strada non solo estremamente personale, ma anche volutamente impenetrabile, dall'alto di una esperienza che gli consente ormai, a settant'anni suonati, di fare quello che gli pare, fregandosene di ogni giudizio e soprattutto delle vendite, ormai al riparo da qualsiasi scossone commerciale.

A tratti è difficile seguire lo sviluppo delle composizioni, alcune lunghissime, e a momenti ci si chiede quale sia la logica che incastra ritmiche minimali, improvvise impennate heavy metal, e in generale sonorità catacombali sorrette dalla voce baritonale del cantante di origine statunitense.

C'è però un'energia non ignorabile in queste note, un afflato oscuro sì ma vitale come raramente capita di trovare in un'opera contemporanea. Da ascoltare con giudizio, quando l'anima è in grado di sostenere bordate che sembrano scaturire da squarci ultraterreni e per nulla confortanti. Altamente sconsigliato a praticamente chiunque abbia qualcosa da temere al mondo.

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