9 maggio 2008

Rush: un disco, un live, un disco, un live...

Premessa necessaria: amo i Rush, ho tutti i loro album, li considero un esempio incredibile di tecnica, fantasia e vitalità concentrati in tre individui.
Certo, una parte della loro produzione è discutibile, e non sempre il livello è stato mantenuto costante, ma un paio di capolavori per album non sono mai mancati, anche quando il numero di dischi all'attivo diventava pericolosamente alto.

Passo però ora a spiegare il motivo per cui non ho alcuna intenzione di acquistare questo ennesimo album dal vivo.

Una volta la testimonianza live era una eccezione nella discografia di una band, anche quando erano in gioco gruppi famosi per le loro eccezionali esecuzioni.

Jimi Hendrix, che non era certo un signor nessuno sul palco, pubblicò nella sua intera carriera un solo album live, a fronte di tre dischi in studio e di una marea di singoli. I Genesis diedero alle stampe, controvoglia, un live solo dopo il quarto album, e quello successivo arrivò solo diversi dischi più tardi (e nel frattempo era cambiato il cantante).

Gli stessi Rush hanno seguito negli anni '70, '80 e '90 una impressionante regolarità nell'uscita dei propri live. Il primo (All The World's A Stage, 1976) venne dopo il quarto album in studio; il secondo (Exit... Stage Left, 1981) dopo l'ottavo; il terzo (A Show Of Hands, 1988) dopo il dodicesimo; il quarto (Different Stages, 1998) dopo il sedicesimo.

Quattro dischi di inediti, poi un live, per quattro volte. Uno schema la cui ripetizione, pur denotando un certo autismo robotico, rispettava dei tempi fisiologici. Appena c'era a disposizione abbastanza nuovo materiale da poter sollecitare legittimamente la curiosità dei fan, si assemblava un disco che ne testimoniasse la resa dal vivo.

Qualcosa in questo meccanismo si è rotto (e non solo per i Rush, che uso qui solo a mo' di esempio, ma per tanti gruppi sia vecchi che nuovi), all'incirca con l'inizio del terzo millennio.

Alla successione di uscite già citata si era aggiunto in studio il solo Vapor Trails (2002) prima che i Rush tirassero fuori il doppio live Rush In Rio (2003). E a questo era seguito il solo EP di cover Feedback (2004) prima che venisse pubblicato un altro doppio live: R30 (2005). Se Rush In Rio poteva trovare giustificazione nella lunga pausa tra un album e l'altro (Vapor Trails seguiva Test For Echo precedente di 6 anni), e se anche vogliamo giustificare l'uscita di R30 con il trentennale della band e con la scarsa resa sonora di Rush In Rio, proprio non riesco a digerire l'idea che dopo un solo nuovo album di studio (il non troppo esaltante Snakes & Arrows dello scorso anno) si sia già sentito il bisogno di portare nel negozi l'ennesimo doppio album dal vivo, rispondente tra l'altro al nome non brillantissimo di Snakes & Arrows Live.

D'accordo, i nostri suonano come nessun altro, e ascoltare le loro esecuzioni è sempre una festa per le orecchie; va bene anche osservare che alcuni brani presenti nel nuovo live non venivano riproposti da decenni; posso anche comprendere che qualcuno sia smanioso di ascoltare qualche brano dell'ultimo disco nell'arrangiamento del tour.
Ma io questa volta i soldi non li tiro fuori.

1 commento:

Unknown ha detto...

in effetti le uscite dell'ultimo periodo dei Rush sono state molte e forse alcune non del tutto riuscite : io da completista acquisto tutto ciò marchiato Rush ma comprendo e in parte condivido ciò che hai scritto.

In questo caso, ti consiglio di aspettare il nuovo dvd S&A live che sarà doppio e ricco di sorprese per chi ama il trio di Toronto

Ciao
Luca del sito italiano dei Rush (www.limborush.it)

P.S.
bellissime le parole su Fiumani