2 maggio 2008

Polyrock: from Glass to Rock

Il panorama del post punk è vastissimo e costellato delle cose più diverse, con decine e decine di gemme nascoste e quasi del tutto dimenticate. Fortunatamente, in questi ultimi anni c'è stato un vero diluvio di ristampe (vedi i Cindytalk di cui ho parlato giusto qualche giorno fa, oppure le riedizioni dei gruppi italiani dei primi '80, curate in Italia dalla Spittle, tanto per citare questo stesso blog).

Oggi sottopongo all'attenzione dei miei tre lettori la ristampa (uscita da qualche mese ma solo da poco disponibile nei negozi italiani) dei due album dei newyorchesi Polyrock.

Molto lontani dalle asperità del punk, così come dalle spigolosità estreme della no wave - che aveva visto la luce nei locali della loro città - e dal nascente panorama noise americano, i Polyrock erano caratterizzati invece da una grande cura formale e da una ricercatezza che li rende del tutto atipici nel panorama di quegli anni.

L'unico gruppo al quale sono stati accostati sono i Talking Heads, con i quali in effetti condividono alcune scelte ritmiche ma non l'attitudine funky. In effetti la particolarità principale della proposta del gruppo sta nella scelta di introdurre elementi del minimalismo (inteso come genere musicale) all'interno della composizione di brani pop-rock. Una scelta sottolineata dalla produzione, affidata al noto compositore Philip Glass, uno tra i principali esponenti, nonchè fondatore, del minimalismo (benchè da sempre avversatore dell'uso di questo termine per la descrizione della propia musica).

Sia Polyrock (1980) che Changing Hearts (1981) sono collezioni di composizioni pop dal taglio decisamente new wave, con una evidente predominanza delle tastiere ed un particolare uso delle voci, spesso sfruttate in modo "strumentale". E' in questi due elementi che si denota la maggiore influenza "glassiana", anche se va sottolineato che, date le premesse, non è avvertibile un eccessivo peso della produzione, che lascia spazio ad una componente originale e personale. Va inoltre sottolineato che analoghi esperimenti del compositore americano nella stesura di "canzoni minimali" (vedi il non eccezionale Songs From Liquid Days, 1986) hanno portato a risultati decisamente differenti.

Entrambi gli album, pur con qualche ingenuità (nel primo più che nel secondo), conservano tuttora una certa freschezza e si ascoltano con estremo piacere. A dispetto della formula, che sulla carta poteva essere piuttosto "fredda". Merito anche delle eccellenti influenze dell'epoca (si colgono elementi che portano alla mente di volta in volta Devo, Magazine, Gang of Four, Ultravox, e così via) ma decisamente nei Polyrock c'erano delle potenzialità che sarebbe stato interessante vedere sviluappati in una discografia più estesa. Qualcosa del possibile cammino della band si poteva già intravedere in un successivo EP, senza la produzione di Glass, ma dopo la distribuzione del disco il gruppo si sciolse.

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