23 dicembre 2008

A Certain Ratio: dopo dieci anni, Mind Made Up

A Certain Ratio è un nome storico della new wave inglese: furono infatti il primo gruppo a firmare per la Factory, prima che vi approdassero i Joy Division.

Dopo i primi fulminanti lavori a base di una originalissima miscela di funk e post punk (memorabile in particolare la cassetta del 1980 The Graveyard and the Ballroom), hanno diradato via via le uscite pur proseguendo in una carriera ai margini della scena musicale più in vista. L'ultimo album finora era Change The Station del 1996, un'opera ben fatta ma dal sound molto mainstream.

L'uscita di un nuovo CD non era perciò del tutto scontata. Quando ho visto Mind Made Up tra le novità mi sono detto: sarà un'altra raccolta. E invece.

E invece questo non solo è un disco di inediti, ma è un grandissimo ritorno, che cancella le banalità disco-soul del disco precedente e ci consegna una band fuori dal tempo, che guarda sia alle proprie origini che al futuro con uguale passione e coinvolgimento. E soprattutto, che si riappropria di tutti quesgli elementi che nell'ultimo decennio sono stati saccheggiati da decine di revivalisti, dimostrando che tranne rare eccezioni, è meglio l'originale della copia.

I Feel Light apre l'album con un giro di chitarra ruvida e sonorità new wave da palpitazione: attenzione, i nostalgici dovranno maneggiare con cura questo pezzo. Un ritmo dance si va a sovrapporre subito a chitarra e basso, ma è solo un trucco: la canzone è post punk puro, e da sola vale il prezzo del disco.

Segue Down, Down, Down, una traccia da manuale del white funk. Da subito si capisce che non ci saranno due tracce simili una dopo l'altra. Questo potrebbe essere un grande singolo dal refrain magnetico.

Everything Is Good cambia ancora le carte in tavola, con una disco d'avanguardia molto acida e paranoica, a tratti quasi industriale.

Way To Escape si apre con un giro di basso slappato molto disco eighties, ma si sposta poi con l'ingresso della voce verso atmosfere molto più rarefatte, sebbene sostenute da una chitarra decisamente funky. Un brano originale e decisamente piacevole.

Rialto 2006 è un remake del classico originariamente apparso nell'album Sextet. Forse non ce n'era tutto questo bisogno (l'originale resta splendido) ma questa versione si fa apprezzare e si veste di un arrangiamento non banale.

Mind Made Up è un nuovo esempio di funk-wave ipnotica, gelida e conturbante.

Teri inizia come un pezzo dei Coldplay (ascoltare per credere) e continua... come un pezzo dei Coldplay. Non male, ma forse troppo Coldplay e un po' fuori luogo in quest'album.

Bird To The Ground torna subito al funk ma con toni molto più solari rispetto ai primi brani, anche se la voce sussurrata tende a creare un'atmosfera vagamente inquieta.

Starlight è l'ultimo brano cantato e si poggia di nuovo su un gran firo di basso e su sonorità che ricordano da vicino il primo periodo della band. Il ritornello, estremamente accattivante ("keep on dancing / outer space", provate a non canticchiarlo già dopo il primo ascolto), si innesta imprevisto su una strofa sognante e tracciata da pennellate di synth futurista.

Which Is Reality?, Skunk e Very Busy Man sono tre strumentali che chiudono l'album tra funk, new wave e disco, una sorta di lunga jam session frenetica e appassionata.

Speriamo che a quest'album faccia seguito una carriera ancora su questa linea. Bentornati.

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