18 dicembre 2008

Milano new wave

La storia della new wave italiana fu soprattutto la storia di un paese provinciale, in cui il fenomeno rimase sostanzialmente imitativo e assunse solo raramente contorni di originalità. Lo testimoniano, oltre al semplice confronto con i modelli inglesi e americani, anche le tempistiche delle uscite discografiche, estremamente tardive rispetto allo svilupparsi del movimento.

In Italia mancarono sia la cultura del "fai da te", che tantissima parte ebbe nello sviluppo della nuova onda alla fine degli anni '70, sia un qualsiasi tipo di sostegno sul territorio, ad eccezione di poche zone fortunate - vedi Firenze e dintorni.

Tali circostanze relegarono tanti nuovi gruppi al rango di realtà da garage, impedendo il naturale sviluppo di un fenomeno che avrebbe avuto invece bisogno di rapidità e spontaneità. Quando le etichette discografiche si resero conto dell'esistenza di questo sottobosco, la spinta si era ormai esaurita, i modelli erano cambiati e le poche uscite di valore (emergono fra tutti Siberia dei Diaframma e Desaparecido dei Litfiba, ma era già il 1984) servirono più che altro a gettare le basi per band che si sarebbero evolute in direzioni diverse da quella iniziale.

Tutto ciò non significa che non ci sia stato, nel cosiddetto belpaese, nulla di interessante in ambito new wave, o che non valga la pena riscoprire nulla, se non altro in chiave storica.

Proprio in questo senso si sono succedute diverse ristampe realizzate dalla risorta Spittle Records, tra le quali spiccano le due raccolte Gathered e Body Section, che raccolgono il meglio delle band attive nei primi anni '80, e le ottime uscite relative alla new wave fiorentina (Neon e Rinf in particolare).

Già, la scena fiorentina. A parlare della new wave in Italia pare quasi che accadesse tutto nella città di Dante, mentre il resto del paese stava a guardare il festival di Sanremo. In verità dell'altro ci fu - come dimenticare ad esempio gli splendidi Frigidaire Tango, nati a Bassano del Grappa - ed in particolare qualcosa si mosse a Milano. Si, proprio nella città "da bere", la patria dell'aperitivo e dello yuppismo all'italiana.

Milano aveva il vantaggio, almeno sulla carta, della vicinanza all'Europa e di una maggiore presenza dell'industria discografica. In realtà però non si sviluppò una vera e propria "scena milanese": i gruppi degni di nota furono pochini e si sciolsero nel giro di pochi anni.

La nuova raccolta della Spittle Records è dunque dedicata proprio a quelle band che vale la pena ricordare: 5 brani ciascuno per quattro gruppi che animarono le serate meneghine nei primi anni '80.

Il CD di apre con gli Other Side, una formazione decisamente influenzata dalla new wave più "dark" (Joy Division, Cure). Pur con qualche buona idea, la pecca principale dei brani qui proposti è la scarsa originalità, che porta di conseguenza anche una certa ripetitività nelle soluzioni e nelle melodie. Non aiuta il fatto che le registrazioni sono molto incerte - la chitarra soprattutto è spesso fuori tempo - e il buon remastering non riesce a far dimenticare che si tratta probabilmente di demo casalinghe.
Molto più interessanti gli State of Art, che avevano abbracciato un funk-punk brillante e sperimentale, debitore di Gang of Four, A Certain Ratio e forse della no-wave newyorchese. I cinque brani che li rappresentano qui sono colmi di idee e pur con qualche ingenuità suonano ancora freschi ed interessanti.
Più elettronici i La Maison, influenzati dall'electro pop sorgente nei primi '80. Meno sperimentali di altre realtà italiche dell'epoca (vedi ad esempio Neon e Pankow) ma decisamente interessanti e con una certa originalità: la loro fusione di post punk e sonorità alla Kraftwerk è a tratti ben riuscita. Peccato non si siano sviluppati dopo questa manciata di creazioni che lasciavano intravedere ottimi spunti.
La raccolta si chiude con gli eccellenti Jeunesse d'Ivoire, una band impegnata in un dream pop alla Cocteau Twins, molto raffinati, capaci di arrangiamenti elaborati e intriganti. Tra i più vicini in Italia alla realizzazione di un genere che potesse abbracciare electro pop e new wave e superarli in una soluzione che potesse essere radiofonica ma non banale, non riuscirono propbabilmente a superare le resistenze di un paese come sempre troppo conservatore, anche nelle sue componenti più "alternative".

Anche se si inizia a correre il rischio, con queste ristampe, di raschiare il fondo del barile, Milano New Wave 1980-83 risulta un disco importante per ricordare un'epoca altrimenti molto poco rappresentata e che è stata semi-dimenticata dalla storia ufficiale.

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