25 maggio 2012

Richard e la psichedelia

A volte un artista può stancarsi delle etichette e dei clichè, e pur sapendo fare benissimo quello che fa, decide di cambiare strada.

Anche perchè non sempre ci si può superare sul proprio stesso terreno, e battere il bellissimo Truelove's Gutter sarebbe stata un'impresa impossibile anche per Richard Hawley.

Nel nuovo Standing at the Sky's Edge il cantautore inglese prova allora ad allontanarsi dallo stile che lo ha reso famoso, centrato su sonorità languide da crooner rock'n'roll, e si sposta su territori più vicini alla psichedelia, con lunghi brani articolati e ricchi di atmosfere, chitarre tremolanti, esplosioni di feedback e strutture un po' più complesse del solito (non che lo stile abituale fosse semplicistico o minimale).

Il gioco però riesce soltanto in parte. Se brani come l'opener She Brings The Sunlight e l'ottima Seek It riescono a centrare la formula giusta, con sonorità evocative ad arricchire brani convincenti dal punto di vista musicale, in qualche caso - vedi la non ben focalizzata Down In The Woods - il navigato autore non riesce a sfruttare appieno le proprie doti nella nuova veste.

L'album soffre anche di una certa indeterminatezza: laddove il vecchio crooning riemerge con tutti i suoi giusti crismi, un esempio è Don't Stare At The Sun, si avverte un vcambio di registro non necessariamente idoneo a dare coerenza alla raccolta. Analogo discorso per il pop di Leave Your Body Behind You, un brano peraltro gradevolissimo che stempera però in modo forse eccessivo le aspirazioni "soniche" della raccolta.

Una prova più che sufficiente, in ogni caso, che potrebbe aprire una nuova strada per il futuro di Hawley, oppure restare come un esperimento singolare nella carriera di un grandissimo autore ed interprete, i cui meriti quest'album non riesce comunque a scalfire.


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