23 maggio 2012

Sulla reunion degli Ultravox e sull'opportunità di chiamare un album "Brilliant"

La più nota band di pop elettronico ha vissuto un'epoca gloriosa terminata con la prima metà degli anni '80 (ed era la seconda epoca d'oro degli Ultravox, perchè la prima era stata quella dei tardi anni '70, con John Foxx alla voce ed un punto esclamativo nel nome).

Chris Cross, Warren Cann, Billy Currie e Midge Ure, a prescindere da una certa pomposità e dal forse troppo inconfondibile marchio dell'epoca (due elementi che a qualcuno possono legittimamente far storcere un po' il naso), diedero alla luce dal 1980 al 1986 almeno due capolavori (Vienna e Rage In Eden), e due dischi più che discreti (Quartet e Lament), prima di scivolare col brutto U-Vox (al quale non partecipò Cann) in una deriva commerciale piatta e senza molti residui del fascino delle opere precedenti (quasi inutile citare un paio di dimenticabili e dimenticati album usciti negli anni '90 a nome Ultravox, ma sostanzialmente non attribuibili al gruppo essendo presente il solo Currie).

Dopo ben 26 anni da quell'ultimo album i quattro hanno però sentito la necessità di buttare un nuovo disco di inediti in pasto ai vecchi fan (soprattutto a loro, immagino, visto che attrarre giovani fan con questa formula è ormai impresa ardua). È stata una mossa brillante? Facile dire di no a prescindere, senza neppure ascoltare il disco. I quattro negli ultimi due anni avevano solcato i palchi d'Europa in una legittima riunione-nostalgia, facendo ottimi incassi dappertutto e dimostrandosi ancora in grado di sostenere il vecchio repertorio. Avevano però saggiamente dichiarato che non avrebbero inciso nuovo materiale: solo un bel disco live, e poi tutti a casa. E invece no, la tentazione era troppo forte. Ed eccolo qua, Brilliant, un disco che nel nome rischia un'autoironia che mi pare assurdo non sia stata còlta da nessuno della band o dell'etichetta discografica prima che uscisse.

Il punto è che una band del genere non poteva che scimmiottarsi, ed è esattamente questo che i quattro hanno fatto. Non si tratta nemmeno di canzoni brutte o mal eseguite: anzi, i primi tre brani sono capaci di suscitare un'emozioncina in chi ha maltrattato i solchi dei vinili dei due capolavori di cui sopra, come il sottoscritto, per l'aderenza alle vecchie formule e la scrittura non malaccio. Al punto di sfiorare (sfiorare?) l'auto plagio, con melodie che sanno di già sentito e suoni fotocopiati dai vecchi album. Il giochetto insomma funzionerebbe, pur coi limiti di cui sopra, ma quello che veramento non capisco è l'inserimento a partire da metà scaletta di diversi brani lenti, molli, esasperanti, nello stile dei tremendi album solisti di Midge Ure.

Caro Midge, ce li avevi apposta gli album solisti, perchè trasferire qua questa roba, travestita appena con un paio di synth in più? E perchè questo disco non poteva consistere di otto canzoni come ai bei vecchi tempi? Misteri che non voglio approfondire.

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