27 maggio 2012

Is This PIL?

John Lydon dice che sì, questi sono proprio i PIL, e in apertura del primo brano lo proclama con soddisfazione: "Lucky you, this is PIL!".

Qualche dubbio, diciamolo subito, è lecito nutrirlo, anche se è vero che l'unico membro permanente della band negli anni dal 1978 al 1992 è stato il solo Lydon. Certamente, l'"immagine pubblica" della sigla non fu altro che quella dello stesso Johnny Rotten, che intendeva riciclarsi al momento dello scioglimento dei Sex Pistols.

Ma quell'immagine veniva trasposta in qualcosa che voleva essere innovativo, personale e commercialmente associabile all'immagine come prodotto in senso Warholiano. Un prolungamento della Rock & Roll Swindle di McLaren, in definitiva, ma sotto il controllo di Lydon e con ambizioni di qualità.

E il primo, ma soprattutto il secondo album della band -  costruita attorno allo stesso Lydon ed alle figure allora praticamente sconosciute di Keith Levene e di Jah Wobble - dimostrarono che il gruppo era ben altro, e comunque non solo, che un tentativo di stare sul mercato a tutti i costi giocando sulla notorietà del leader. Il loro dub allucinato, e la miscellanea fino allora inedita di new wave, reggae, psichedelia, punk e techno ante-litteram fecero dei PIL una delle manifestazioni più esplosive, seminali ed enigmatiche del panorama tra la fine dei '70 e i primi '80.

Tra alterne fortune, cambi di formazione e mutamenti di stile - notevole l'episodio di Album del 1986, in cui confluirono personalità come Ginger Baker, Bill Laswell, Steve Vai, Ryuichi Sakamoto e Shankar - il gruppo infilò diverse buone prove, salvo poi perdersi un po' soltanto a fine percorso, pur avvalendosi all'epoca dell'apporto del sempre valido John McGeoch. Una carriera di cui andare ben fieri, a cui si aggiunse pochi anni più tardi l'interessante e molto sottovalutato Psycho's Path, a nome del solo Lydon.

Da allora ad oggi, un gran silenzio, e forse era semplicemente indice del fatto che non ci fosse più nulla da dire. Questo nuovo disco, a vent'anni dal precedente That What Is Not, dimostra ampiamente che era proprio questo il caso. C'è qua e là qualche giro di basso indovinato, qualche trovata orecchiabile, qualche momento nostalgico. Ma, per dirla ribaltando una orgogliosa affermazione del vecchio re del punk, non si sente traccia di sperimentazione, ossia proprio la ragione di esistenza del collettivo. Passi che la voce del nostro vecchio eroe non sia più la stessa, passi che le idee a livello compositivo non siano freschissime, ma certi arrangiamenti con la muffa, quelli no, proprio non li posso perdonare.

Per la cronaca: l'organico comprende Lu Edmonds (già alla chitarra nella formazione 86-88), Bruce Smith (batterista dall'86 al 90) e il polistrumentista Scott Firth, entrato nella band nel 2009. Nel frattempo Levene e Wobble, dopo aver rigettato la proposta di reunion, sono andati in giro a suonare Metal Box, facendo imbestialire Lydon. Dispettucci tra vecchi nemici-amici, si dirà, ma anche un'altra storia gloriosa che si chiude un po' in vacca. Il tempo passa e non è un galantuomo.

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