31 marzo 2013

Young Gods, ristampa del primo album

Il terzetto svizzero degli Young Gods, composto agli esordi da Franz Treichler (voce), Cesare Pizzi (sampler) e Frank Bagnoud (batteria, percussioni), prese il nome dal un EP del 1984 degli Swans.

Curioso come una delle band più influenti degli anni '80 abbia dato il nome ad un'altra delle band più influenti della medesima decade (il cui impatto si riverserà però soprattutto sugli anni '90). Ma poco accomuna i primi ai secondi, se non l'appartenenza ad una non meglio identificata onda "post industriale", ossia tutti quei musicisti che sentivano l'influenza dell'opera fatta da gruppi come i Throbbing Gristle alla fine degli anni '70, e la assorbivano in contesti spesso diversissimi.

Gli Young Gods aggiunsero agli ingredienti del genere (drumming brutale, atmosfere oscure, rumorismi spesso in evidenza), almeno una novità epocale: l'uso del campionatore come strumento dominante. E in particolare, i tre fanno uso, soprattutto nel primo album e nei due successivi, di abbondanti campionamenti di chitarre elettriche di matrice heavy metal. Una sorta di inclusione di un genere nell'altro, ma con l'ulteriore mescolanza di elementi diversi, vedi la canzone brechtiana, la musica sinfonica, e qualsiasi altra cosa capitasse nel calderone.

A tutto va aggiunta la voce, roca e spesso luciferina, di Treichler (ad oggi unico membro permanente) il quale condiva tutti i brani con la propria inconfondibile presenza. Alternando tra l'altro inglese, francese e tedesco, ossia aggiungendo una babele linguistica a quella sonora.

Il primo disco, omonimo, è del 1987, segue di un anno l'EP Envoyé! ed è il prodotto più grezzo ed oscuro degli Young Gods, i quali due anni dopo con L'Eau Rouge inizieranno un percorso di raffinamento forse inevitabile (ma indubbiamente interessante). Sparito dai cataloghi da molti anni, The Young Gods è stato finalmente ristampato, in edizione doppia con l'aggiunta del live at Fri-Son, finora inedito, dello stesso anno, dall'etichetta svizzera Two Gentleman.

Chi ama i primi Einstürzende Neubauten, o gli stessi Swans dei primordi, troverà qui materia di sicuro interesse. Ma anche chi volesse scoprire da dove viene quella mescolanza di metal ed industrial che imperverserà negli anni '90, e sulla quale capitalizzeranno (come al solito) altri nomi molto meno innovativi.

Comunque, si tratta appunto di un album classico, e non mi metterò a farne adesso una recensione nei dettagli. Trovo invece interessante sottolineare l'ottima qualità del secondo CD, che fotografa una band molto sicura di se' e assolutamente in grado di riprodurre dal vivo le proprie composizioni senza alcuna sbavatura di sorta. L'incedere marziale dei brani e l'orchestrazione di tastiere e campionamenti sembrano quasi uscire da un lavoro di studio, così come i grugniti e le urla del cantante, sempre frutto di un controllo preciso e non di uno sfogo giovanile. Il che è piuttosto sorprendente, visto che spesso il confronto tra i primi album delle band industrial e i loro live coevi offrono fratture anche molto marcate, qui del tutto inesistenti.

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