25 ottobre 2008

La musica ora si compra in francobolli

E prima o poi doveva accadere: ecco qui l'ultima genialata partorita dai cervelloni delle quattro grandi major discografiche (Emi, Sony BMG, Universal e Warner).

Soppiantato il vinile (anche se sta vivendo una sorta di revival, ma questo è un altro discorso), dichiarato prematuramente morto il compact disc, si passa finalmente ad un supporto che più impersonale e deprimente non si può: una bella schedina di memoria, più piccola di un francobollo.

Quello che mi infastidisce di questa scelta commerciale non è semplicemente l'estrema miniaturizzazione del supporto, ne' la sua portabilità. La musica a passeggio, che ti segue ovunque tu sia, è stata una meravigliosa rivoluzione, iniziata negli anni '80 con l'audiocassetta ed il walkman, e probabilmente ha contribuito da un lato ad avvicinare molti alla musica, e dall'altro ad imporla come esperienza totalizzante, che era possibile portare fuori dal salotto di casa e condurre ovunque con se'.

Non ho avuto nulla contro il lettore CD portatile, ne' contro l'mp3 player. Quello però che non capisco, e che credo sia dovuto alla semplice cecità dell'industria, è la scelta di annichilire il prodotto-musica in un formato che svilisce l'oggetto e dunque l'acquisto. E' come se i discografici ammettessero, esattamente come un qualsiasi downloader pirata tredicenne, che del prodotto discografico non gliene importa nulla, che per loro è importante solo qualche bit di dati in un supporto.

Questo mi pare un errore capitale. Per decenni l'acquisto di un album è stato l'acquisto di un oggetto fisico, dalle caratteristiche, se mi è permesso l'accostamento, organolettiche ben riconoscibili. Il vinile era un prodotto che odorava di carta, inchiostro e colla, e somigliava ad un libro nei gesti tipici dell'aprirlo e leggerlo. Sapeva poi di quella strana cosa che era, appunto, il vinile: un materiale plastico ma caldo, elettrico, che attraeva pezzetti di carta e di polvere, un oggetto che bisognava curare e saper trattare. L'acquisto di reificava in una cosa tangibile e che aveva una propria vita.

Già il passaggio al compact disc rovinò parte di questa esperienza. La copertina mutava da poster a cartolina, perdendo molto del proprio impatto. Il disco, come oggetto, dava minor calore e svelava in modo più evidente la propria natura sintetica. Era però possibile creare libretti ben fatti, personali, stampare la superficie del CD in modo da renderlo un oggetto unico e riconoscibile.
Soprattutto, fu il miglioramento tecnico (che è indubbio, e chi sostiene il contrario è vittima di una leggenda metropolitana) a convincermi che il passaggio era accettabile. Il compact disc, per me e per milioni di appassionati sul pianeta, è divenuto da allora oggetto dell'esperienza musicale, qualcosa che si acquistava in cambio del proprio denaro, e che si poteva poi toccare, sfogliare, annusare.

Cosa resta di tutto questo in una scheda di memoria? Il dato tecnico è sconfortante: la qualità della musica nel nuovo formato MicroSD altro non è che il solito mp3, un formato che, da chiunque abbia un paio di orecchie funzionanti ed un cervello allenato, non può che essere considerato meno che soddisfacente. Ma la scelta del formato è obbligata: bisogna consentire all'utente la possibilità di trasferire la musica direttamente sul proprio lettore.
Le chedine costano la bellezza di 15 dollari: quasi quanto un CD, per una qualità incomparabilmente inferiore. Ma non bastava allora continuare a vendere mp3 online, come già si fa?

Resta il dubbio della copertina. In effetti pare ci sia, ma ancora non ho capito che formato abbia, se sia un semplice fogliettino o se sia possibile realizzare un vero e proprio libretto.

Quello che invece ho capito in modo chiaro, è che l'industria non vede l'ora di sbarazzarsi del passato, ma purtroppo senza avere un'idea per il futuro.

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