Don Van Vliet15 gennaio 1941 – 17 Dicembre 2010
(fotogramma tratto da Some YoYo Stuff di Anton Corbijn, 1993
http://www.ubu.com/film/corbijn.html)
Don Van Vliet
Il primo Strategies Against Architecture fu dato alle stampe dagli Einstürzende Neubauten nel 1984, come raccolta di B-sides e live tracks rimaste a margine della discografia del primo periodo della band.
"The Art of Noise is paranoid" (dal testo di Something Always Happens).
Chissà perchè, oggi m'era venuta l'idea di spulciare, artista per artista, il sito della Mute e nello specifico la Grey Area.
Già che ho appena parlato dei Black Heart Procession, segnalo volentieri anche l'uscita del nuovo album dei Three Mile Pilot. Il collegamento tra le due band è strettissimo: i BHP nacquero nel 1997 come side project dei TMP, ad opera del cantante Pall Jenkins e del tasterista Tobias Nathaniel. Nel frattempo, l'altra metà dei TMP (il bassista Zach Smith e il batterista Tom Zinser) ha dato vita ai Pinback, che non sono esattamente la mia "cup of tea" ma hanno suscitato a loro volta un certo interesse.
E' in arrivo l'ennesima operazione di vampirizzazione del nome Joy Division: la Rhino ha annunciato l'imminente pubblicazione di un lussuoso boxset che in 10 vinili da 7" raccoglie tutti i singoli pubblicati dalla band, oltre ad altri che sono stati praticamente "immaginati" per l'occasione ma che nella realtà storica non furono mai pianificati ne' pubblicati dalla Factory.
E' diventata un po' una moda nell'ambiente indie, e così anche i Black Heart Procession danno alle stampe il loro primo album di remix.
Propaganda: ovvero della grandezza e delle miserie della ZTT Records, ovvero dell'irruzione di Düsseldorf nella Londra degli anni '80, ovvero "all that we see or seem is but a dream within a dream", ovvero un solo disco per restare nella storia del pop.
singoli, tracce aggiuntive nei maxi-single, oltre ad un intero album di versioni remixate (Wishful Thinking). Si iniziò anche a parlare di misteriose versioni alternative presenti negli archivi della ZTT...
Scopro solo ora che mercoledì scorso (il 20 ottobre) se ne è andata Ari Up, a causa di una brutta malattia.
Due parole su questo blog.
Torno spesso ad occuparmi dei Killing Joke, e per un motivo assai semplice: poche band hanno saputo tenere un profilo così alto nell'arco di una carriera trentennale. A questo si potrebbe aggiungere che sono uno dei miei gruppi preferiti, ma di gruppi preferiti comincio ad averne decisamente troppi perché quest'etichetta abbia ancora un senso.
Eccolo qua il secondo capitolo dell'arrotino, ossia il side project più anomalo della storia.
I Black Mountain meritano una menzione d'onore per aver realizzato la classica missione impossibile. Hanno mescolato influenze assortite dagli anni '70, hanno usato solo strumentazione assolutamente "vintage" dell'epoca, hanno adottato un abbigliamento hippy in puro stile "peace & love", hanno puntato su cose davvero arcaiche come "psichedelia", "riff hard rock", "space rock", tutto questo senza sembrare pezzi da museo dal sentore di naftalina, ma anzi facendosi apprezzare a destra e a manca come genuina novità in questi anni '00 dall'identità evanescente.
Io amo gli Underworld.
Questo accidenti di The Final Frontier (quarto capitolo della saga degli Iron Maiden dal rientro di capitan Bruce Dickinson) è uno dei migliori esempi di quello che io chiamo la "peste delle recensioni".
Molto strano invece il caso del nuovo disco di Ozzy Osbourne. Come tutti sapete, il signore in questione è affetto da malattie nervose d'ogni genere, ha smesso di fare buoni dischi dall'89 e si è reso ridicolo agli occhi del mondo mettendo in piazza la propria terrificante famiglia in uno dei reality più seguiti della già orrenda storia della TV americana. Ciononostante, è ancora molto amato dai fan del metal, che ne rispettano lo status di padrino del genere grazie alla storica militanza nella più grande band di sempre (questa è una di quelle stupidaggini che puoi scrivere tranquillamente perchè nessuno può veramente contestarle), ossia gli immani Black Sabbath.
Gli Apocalyptica sono in giro da almeno 15 anni (il primo album è dell'ormai lontanissimo 1996) ma continuano ad aggregare consensi. D'altronde il meccanismo è semplice: per ogni metal kid deve arrivare prima o poi la fase in cui ci si rende conto che il metal discende dalla musica classica (anche se le cose non stanno proprio così, ma prima o poi lo si pensa), e quindi quando si scopre che qualcuno fa metal con i violoncelli, la curiosità si accende facilmente.
Perchè Zakk Wylde non suona nell'ultimo disco di Ozzy Osbourne? Proprio il principe delle tenebre in persona ha dichiarato che non c'è alcuna ragione musicale o personale, ma semplicemente non gli andava più che i suoi dischi suonassero così tanto come quelli dei Black Label Society. E in effetti la chitarra di Mr Wylde è talmente riconoscibile che la sovrapposizione era evidente, lasciamo stare poi gli inevitabili confronti qualitativi (qualsiasi album dei BLS è superiore a qualsiasi album di Ozzy successivo a No More Tears).
E' finalmente arrivato nei negozi questo album dalla storia travagliata, del quale vi avevo già parlato in occasione della tragica scomparsa di Mark Linkous.
Dei libri di Simon Reynolds ho già parlato: sapete dunque già tutto dell'enciclopedia della new wave che è Post-punk 1978-1984 (orribile traduzione dell'originale Rip It Up And Start Again) e della raccolta di articoli Hip-hop-rock 1985-2008 (anche qui uno stupro del titolo originale che era Bring The Noise)
Rowland S. Howard è stato uno dei personaggi più amabili della storia della musica cosiddetta "alternativa".
Autori di almeno 4 dischi classici per la storia del metal, i Danzig - capitanati da quel Glenn Danzig già mitico frontman dei Misfits e dei Samhain - erano ormai da diversi anni relegati ad una specie di triste dimenticatoio per vecchie glorie. Nel tentativo di attualizzare il proprio sound, il buon vecchio Glenn pareva aver perso la bussola tra campionamenti, elettronica ed effettacci che poco si conciliavano con la classica miscela blues/hard/metal di sabbathiana memoria che aveva caratterizzato la prima produzione.
E' ormai lontano il tempo in cui i Faithless ci sorprendevano con la deliziosa electro soul dance di Sunday 8PM.
Torna il duo de Il Genio, a due anni dall'improvviso exploit di Pop Porno e dal primo disco omonimo. Torna con un secondo album che, come tutti i secondi album, presta il fianco ad essere sezionato e analizzato in un feroce confronto con la prima prova.
vano anche sperare in qualcosa di nuovo o di poter rintracciare una maggiore profondità in questo Vivere negli anni X. D'altronde, come già dicevo a suo tempo, questo è pop, e deve fare il suo mestiere senza scantonare troppo (anche se di esempi di pop che scantona potrei ben farne, ma si tratta di scelte).
Il terribile giochino delle etichette di genere, sempre opinabile (anche quando ci sono pochi dubbi sull'appartenenza di un gruppo ad una "scena" riconoscibile), si inceppa a volte in modo grave, affibbiando in eterno ad un gruppo o progetto una definizione poco sensata.
Max Gazzè, come ormai assodato, è un ottimo musicista e un autore dalle grandi capacità, uno che può giocare al nuovo Battiato creando arrangiamenti raffinatissimi, ma anche in grado all'occorrenza di sfornare brani irresistibili, con una presa immediata ma sempre dotati da una evidente intelligenza e da uno stile personale.
Brian Burton e James Mercer. Se non lo sapete, il primo è il vero nome di Danger Mouse, il secondo è il cantante degli Shins.
Dopo il ritorno degli Alice in Chains, stavolta tocca agli Stone Temple Pilots rifarsi vivi dopo tanto tempo.
E' quasi superfluo ricordare la mia devozione per questa band e per il suo leader.
Further segna il capitolo numero sette nella ormai quindicinale carriera dei Chemical Brothers.
Ho già parlato del fermento underground nell'Italia degli anni '80, ben documentato in particolare da diverse uscite recenti curate dalla rediviva Spittle Records. A fare da utile complemento a quelle raccolte, giunge ora Danza Meccanica, compilation che vede la luce grazie alla collaborazione tra Mannequin e In The Night Time
Gli anni zero in musica sono stati l'apoteosi dell'imitazione e del crossover selvaggio, una diffusa orgia citazionista in cui ogni genere, sotto-genere e sotto-sotto-genere è stato via via accoppiato con tutti gli altri.
Noto soprattutto per la straordinaria carriera con i Dead Can Dance, il membro fondatore Brendan Perry si era cimentato da solo soltanto nel 1999, con l'onesto ma non sbalorditivo Eye Of The Hunter.
Il signor Sims è un personaggio ben strano.