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18 luglio 2009

The Filth And The Fury, il DVD

La storia di The Great Rock and Roll Swindle ormai la conosciamo tutti, è quasi materia da sussidiario scolastico.
Riassumo dunque solo ad uso e consumo dei più distratti.
Mentre i Sex Pistols si dissolvevano, disgregati dalla propria stessa forza dirompente, Julien Temple montò una sorta di documentario di fantasia sulla band, su mandato del famigerato manager Malcolm McLaren.
E' un'opera discutibile, che trasforma in macchietta una delle più grandi leggende del rock.

Dopo più di vent'anni, nel 2000, Julien Temple tornò però sul luogo del delitto, confezionando The Filth And The Fury.

Ne è uscito un film che affronta la storia della band in modo molto più aderente alla realtà (sebbene questo sia un concetto sfuggente), e molto meno legato al punto di vista di McLaren.

Le vicende delle pistole del sesso vengono ripercorse attraverso filmati d'epoca, spezzoni televisivi e footage inedito. Soprattutto, a differenza del vecchio film, viene narrato dalle vive voci dei membri della band, efficacemente ripresi in controluce in modo da nasconderne i lineamenti di oggi.

Preziosissima la raccolta di materiale d'archivio, la maggior parte del quale proviene dagli armadi dello stesso Temple. Un film imperdibile per chi vuole comprendere il punk delle origini, e da vedere se non altro per recuperare la lunga intervista ad un Sid Vicious steso in sedia a sdraio ma totalmente devastato dall'eroina. Toccante il modo in cui Lydon ancora oggi ricorda l'amico di allora e rivela di sentirsi in colpa per la sua morte.

La mai abbastanza lodata ISBN ha finalmente pubblicato il film in DVD in Italia, in lingua originale (come è giusto) ma con sottotitoli in italiano, in una bella confezione che offre in allegato un volumetto (che fa anche da custodia) con tanto di interventi dello stesso Temple e di Marco Philopat.

25 settembre 2007

La parola a Johnny

Finalmente. In questo 2007 solcato da un commercialissimo quanto poco sentito revival del punk, è stato infine pubblicato qualcosa di utile. L'avevo notato con la coda dell'occhio in libreria qualche giorno fa, ma l'usuale giallo della copertina e la solita foto di Johnny Rotten me l'avevano fatto frettolosamente catalogare come ennesimo libro sul '76-'77, come altri ne avevo visto spuntare negli ultimi mesi.
E invece no, questa autobiografia di John Lydon viene a gettare un po' d'aria fresca su un fenomeno generalmente frainteso e vissuto ormai dall'editoria come puro folklore.
C'è da dire che l'edizione originale è del 1994, ma festeggiamo quanto meno l'edizione italiana e facciamo finta di niente.
Perchè mi piace tanto l'idea di questo libro (e sottolineo l'idea: non l'ho ancora letto, in effetti). Innanzi tutto, mi piace l'autore: Johnny Rotten è stato una delle teste pensanti del punk, molto più di quanto si fosse immaginato all'epoca, ed è stato anche uno dei più genuini esponenti di un'epoca e di una generazione, che non sempre sapeva cosa stava facendo. Lydon ha parlato poco, finora, della storia dei Sex Pistols. Quanto meno, ne ha parlato meno di molti giornalisti e di quel Malcolm MacLaren che lo stesso Lydon in questo libro definisce semplicemente "uomo di merda" (ebbene si, non l'ho letto ma una sfogliatina l'ho data).
E poi mi piace il taglio: nessuna mitologia, nessuna apologia, nessuna esegesi, sembrano trasparire dal volume. Semplicemente, il racconto di ciò che è stato, vissuto dall'interno. Ossia, esattamente l'unica cosa che ci possa interessare, e che importi qualcosa.
"Alcuni s'immaginano l'era dei Sex Pistols in diverse gradazioni di bianco e nero. A dire il vero, i colori che ho in mente io sono verde neon o militare con rosa fluorescente: basta che diano fastidio. Può darsi che in fondo sia un intellettuale, ma ho sempre pensato che i colori, come le parole, come le intonazioni, influiscano sulle persone".
"(Sid) era diventato tutto quello che non volevo fossero i Sex Pistols: l'ennesimo rockettaro sfigato e drogato."