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12 gennaio 2013

Le cover del nuovo Bowie: Barnbrook, Momus

1. La copertina (Barnbrook)

La cover del nuovo disco di David Bowie, annunciato nel giorno del suo 66° compleanno dopo 10 anni di silenzio discografico, ha suscitato reazioni contrastanti.

La copertina riprende pari pari quella di Heroes, con il vecchio titolo barrato da una riga nera ed un grande quadrato bianco a coprire il volto di Bowie. Il titolo The Next Day è stampato in nero, con un font alquanto anonimo, al centro del quadrato.

Cosa significa questa cover? Lo si può individuare in qualcosa che ha a che fare con lo scorrere del tempo e con l'immagine dell'artista, ma a prescindere da questo, è una cover bella oppure la pretesa di renderla  significante ha prodotto un oggetto esteticamente brutto?

Non ho risposte mie a questi interrogativi, ma ho trovato molto interessanti le risposte che l'autore del concept, Barnbrook, ha fornito sul proprio blog alle domande maggiormente ricorrenti in rete.

"Normalmente, usare un'immagine dal passato significa riciclaggio oppure greatest hits ma qui volevamo riferirci al titolo The Next Day. La copertina di “Heroes” oscurata dal quadrato bianco è sullo spirito della grande musica pop o rock che è sempre ‘del momento’, dimenticando o rimuovendo il passato. In realtà, sappiamo tutti che questo non è quasi mai possibile, per quanto possiamo tentare, non riusciamo a liberarci del passato.  [...] la gente ti giudicherà sempre in relazione alla tua storia [...] L'oscuramento di una immagine dal passato è anche sulla condizione umana in generale; ci muoviamo incessantemente nelle nostre vite da un giorno a quello successivo, abbandonando il passato perchè non abbiamo altra scelta."

Più interessanti però le riflessioni sull'aspetto tecnico del lavoro di designer: "Abbiamo lavorato su centinaia di possibili realizzazioni usando il concetto dell'oscuramento di questa copertina, ma la più forte è risultata quella più semplice – doveva essere qualcosa che fosse in diretto contrasto con l'immagine sottostante ma che non apparisse troppo studiato (anche se sappiamo che tutto il design è studiato, questa è infatti l'essenza della parola ‘design’). Sarebbe stato più chiaro per molte persone se avessimo scarabocchiato su tutta la copertina ma questo non avrebbe avuto il distacco d'intenti necessario per esprimere la malinconia delle canzoni dell'album. Oscurare l'immagine di Bowie è anche un riferimento alla sua identità, non solo nel passato quando mutava continuamente, ma anche che è stato assente dalla scena musicale per gli ultimi dieci. È stato un atto per nascondere la sua identità o più semplicemente questa gli è diventata più congeniale?"

E più avanti: "Detto tutto ciò, si, lo sappiamo che è solo la copertina di un album con un quadrato bianco in mezzo, ma spesso nel design può essere necessario un lungo viaggio per arrivare a qualcosa di molto semplice che funzioni e la cui semplicità funzioni su molti diversi livelli - spesso le idee più semplicipossono essere le più radicali. Capiamo che molti avrebbero preferito una nuova bella foto di Bowie ma abbiamo ritenuto che questa sarebbe stata molto meno interessante e non avrebbe abbracciato molte delle cose che abbiamo tentato di discutere realizzando questo design."

2. La cover (Momus)

L'artista scozzese (ma attualmente residente a Osaka) Momus ha realizzato un'operazione piuttosto notevole a poche ore dall'annuncio dell'album di Bowie e della pubblicazione su YouTube del nuovo singolo Where Are We Now.

Particolarmente colpìto, per una serie di ragioni che vedremo più avanti, dalla notizia più che dalla nuova canzone in se', decide di realizzarne una versione molto meno mainstream ma ricca di riferimenti all'era berlinese di Bowie. Quello che più colpisce è il fatto che la pensa, la registra, realizza una copertina nel medesimo stile di quella di The Next Day (ossia prende una propria vecchia copertina, cancella il titolo e sovrappone un quadrato bianco al proprio volto), ne monta un video con spezzoni di materiale "trovato" (tra cui frammenti del film Il pianeta delle scimmie") e la pubblica nel giro di sole 9h30' dalla diffusione del brano originale.

Il video ha raccolto oltre 5000 visite solo nelle prime 24h (nel momento in cui scrivo ha superato le 22.500) ma soprattutto ha ricevuto ieri 11 gennaio l'onore di una citazione sul sito ufficiale di Bowie.

In un post sul proprio blog, Momus fornisce, in risposta ad alcune domande ricevute su YouTube, i tempi dell'operazione ed un numero impressionante di dettagli sulle tecniche e sugli strumenti utilizzati. Di seguito vi propongo un sunto composto di frammenti del post originale.

""
[...] la cover è stata realizzata quasi interamente con prodotti di Apple e Google, come tutta la mia musica ultimamente. Con l'uso di un MacBook Air, Garageband, Google Search, il browser Chrome e YouTube, ho messo assieme la canzone in otto ore. Bowie ha fatto una canzone bella e malinconica, perseguitata dai fantasmi dei ricordi, e la mia cover è ossessionata dai miei ricordi personali di Berlino e di una intera vita immersa nell'opera di Bowie. È anche perseguitata da una serie di campionamenti sonori che ho raccolto da video di YouTube usando Audio Hijack Pro. Questa è la cronostoria:

2pm - David Bowie posta il suo nuovo singolo su Vimeo a mezzanotte, ora di New York, ossia le 2pm in Giappone.

3.50pm - Avvisato da un amico su Facebook, ascolto il nuovo singolo di Bowie e guardo il video di Tony Oursler.

4.00pm - “Gesù,” posto su Facebook, “sono elettrizzato ed emozionato da tutto questo. E Berlino, che smuove tanti ricordi miei. E il suo volto, così bello e rugoso…”

[...]

4.45pm - Considero di ripostare il mio falso annuncio del Novembre 2012 che Bowie stessse per pubblicare un album intitolato Vivid Old Man: “Su un organo microtonale, ed un sottofondo di arpa e tamburi, ispirato al primo Penderecki, al Messiaen del periodo di mezzo ed al tardo Webern, Bowie canta avant-canti marinareschi nel ruolo del “vivid old man” del titolo”.

4.55pm Decido improvvisamente di incidere una versione cover della nuova canzone nello stile descritto dal post sul falso Vivid Old Man. Scarico il video da YouTube e inizio a trascrivere il testo.

5.00pm Inizio a registrare gli accordi della canzone su un click a 81 bpm con Garageband.

6.00pm Canto le parti vocali. Alla fine occupano sei tracce, alcune trasposte digitalmente ottave sopra e sotto la linea principale, per ricreare quell'evocativo effetto “Bewlay Brothers”.

6.25pm Ispirato dalla mia storia fasulla, (e siccome ho scoperto che Penderecki è una specie di fonte musicale universale), campiono l'avvio atmosferico del Concerto per violino e Orchestra (1974 / 1976) di Krzysztof Penderecki.

[...] [NdR c'è qui la descrizione dei campionamenti, di cui molti poi non usati, del remix di Heroes di Aphex Twin, di Life on Mars, We Are The Dead, Sweet Thing e After All dello stesso Bowie, di Floating Music di Stomu Yamashta]

9.30pm Costruisco una sezione alla fine della mia cover che finisce in It’s No Game: “Silhouettes and shadows watch the revolution…” Abbandono l'idea.

[...]

11.00pm Inizio il video, avviando iMovie. Usando KeepVid, scarico l'home movie di Roddy McDowall che mostra il makeup artist Don Cash che lo trasfroma, nel 1968, nel personaggio Cornelius di Planet of the Apes.

11.15pm Edito il film di Cornelius per adattarlo alla cover di Bowie. [...]

11.30pm Carico la mia cover di Bowie su YouTube e la linko dagli account di Facebook, Tumblr e Twitter. [..]
""
(Traduzioni, pessime, mie e non autorizzate. Stanno qua solo per invogliarvi a leggere gli articoli originali!)

31 marzo 2010

dark night of the soul



In memoria di Mark Linkous, alias Sparklehorse, che la sera del 6 marzo si è rotto i coglioni e si è sparato al cuore.

Il brano è tratto dal disco omonimo di Danger Mouse, (non) pubblicato dalla EMI e nato dalla collaborazione con Linkous e con David Lynch.

Le foto del video sono tratte dal volume di Lynch dal medesimo titolo.

15 agosto 2009

Colonna sonora per un ferragosto di città

Mi sveglio presto, fa già molto caldo, ho mal di testa. Le giornata inizia ma non vuole iniziare, l'aria viscosa mi manipola in modo molesto, muovermi mi causa fastidio. E' necessario qualcosa di lieve, che non cerchi di darmi una spinta che non tollererei, ma che mi coccoli un po', mi faccia sentire a casa. From the Heart degli Shadow Project mi sembra la scelta migliore. Le voci decadenti di Rozz Williams ed Eva O, che spiccano sugli arrangiamenti delicati di quest'album, mi tengono in piedi mentre preparo i primi due caffè della giornata.

Dopo questo inizio, è difficile proseguire senza scossoni. Scelgo Cold dei Lycia, un album che dovrebbe far pensare alle distese siberiane ma che a mio modo di sentire si adatta perfettamente anche ad un Sahara desolato e cementificato come la Milano del 15 di agosto.
Quest'album è un plagio raffinatissimo di tutto il repertorio 4AD degli anni '80, rimescolato con una sensibilità tipicamente americana. Monotono, ripetitivo, quasi interminabile: i suoi pregi che sono, volendo, anche i suoi difetti (due categorie che spesso coincidono).

Prima di mezzogiorno decido di uscire a fare un giro in bicicletta. Se devo morire per la temperatura e l'afa, voglio che accada in modo eroico, mentre pedalo stoicamente nell'ora più calda dell'anno. Mi accompagna Ballate per Piccole Iene. Per diversi motivi. Perchè gli Afterhours sono la mia colonna sonora di questo agosto. Perchè glielo devo, perchè anni fa li ho snobbati, e perchè loro lo devono a me, per la tristezza che mi infondono. Per quella piccola iena che uccide ma non vuol morire. Per il suono sincero di quest'album maturo che suona come un'opera prima. Perchè l'amore è una malattia dalla quale non si sa guarire.

Sulla strada del ritorno cambio tutto. E' necessario che nel lettore scivoli qualcosa come Infini dei Voivod perchè io abbia la forza di tornare indietro, di non svenire per strada, di non lasciar andare la ruota anteriore della bicicletta nei binari del tram, così da rompermi la testa sul pavè.
Che grande album, quest'ultimo dei canadesi.
La cosa che amo di più dei dischi dei Voivod è che ogni volta che li ascolto li trovo un po' più belli, un po' più incredibili, un po' più imprenscindibili.
E, ora e sempre, onore a Piggy, eroe immortale nel paradiso del metal.

Pomeriggio a casa. Gli occhi incollati allo schermo del PC, le dita lente sulla tastiera, mentre dalle casse dello stereo si spandono con cupa indolenza le note di Blues For The Red Sun dei Kyuss.
Un disco nato dal deserto, che non si può non ripescare il 15 di agosto.
Cupo, sudato, pesante, ipnotico, lento, distorto, psichedelico, valvolare, tellurico, rovente, brutale, acido, corposo, pulsante, un lungo inno lisergico che macina tutto l'hard rock dei settanta e lo filtra in un amplificatore per basso.

Nel tardo pomeriggio mi trascino sul lenzuolo, trasformandolo subito in sindone. Eleggo Second Edition dei PIL a traghettatore nel mondo dei sogni confusi che seguiranno. Un disco che rappresenta i miei sedici anni, ed è soprattutto per questo che prediligo l'edizione "normale", quella senza il famoso "metal box": per la copertina che ho amato negli anni '80. Dire di quest'album qualcosa che non sia stata già detta, e molto meglio, mi risulta impossibile. Lascio allora che il basso di Jah Wobble e la voce stidula di John Lydon si scolpiscano fluttuando nella stanza, mentre vi si sovrappongono immagini oniriche della mia camera di adolescente.

21 marzo 2008

Musica di casa

Non "house music" ma "music from the house"...
House Sounds è un progetto dello IED di Milano nel quale gli studenti sono stati incitati a campionare i rumori delle proprie case ed a comporvi musica. Con risultati assolutamente interessanti e in alcuni casi fuori del comune.
L'ho scoperto grazie al solito Radiogladio, che ho già citato in questo blog.

I brani finora realizzati sono disponibili sul blog dello IED, e vi consiglio di dedicarvi qualche manciata di minuti di ascolto.
Come riportato sul blog dello IED, "la classe si è divisa in 4 gruppi, ogni gruppo si è occupato di registrare ed elaborare i suoni di una stanza diversa: Bathroom, Living Room, Kitchen e Bedroom. Dopo le registrazioni gli studenti hanno editato i suoni e li hanno trasformati in ritmo e musica, completandoli con suoni elettronici e programmando sequenze."

Una cosa molto interessante, che secondo me dimostra almeno due cose: che la disciplina consente di ottenere risultati insperati, e che la creatività umana può svilupparsi a partire da qualsiasi cosa.