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23 marzo 2009

Muziic: rivoluzione o solita vecchia storia?

La notizia sta rimbalzando di sito in sito, ormai da qualche settimana. Ha fatto anche una veloce apparizione nelle grandi testate giornalistiche, ma poi è tornata nel limbo delle rivoluzioni annunciate, quelle di cui molto spesso - non sempre - non si sente parlare più.

Si tratta di Muziic, una ideuzza semplice semplice ma che ha del geniale. In poche parole, si tratta di un player (in stile Winamp, per capirci), che anzichè riprodurre musica dal PC, si connette a YouTube e va a pescare tra i video caricati la musica che l'utente sta cercando. Esempio stupido: ho voglia di sentire qualche canzone degli U2 , apro Muziic, digito "U2" e mi vengono presentati i risultati. Ne scelgo uno, clicco e il brano parte. Posso ascoltare solo l'audio o vedere in piccolo anche il video, ma naturalmente l'idea si fonda sull'ascolto della sola musica, altrimenti è meglio aprirsi YouTube.

Semplice semplice, dicevo. In effetti poco cambia nella sostanza ("cerco in YouTube e ascolto" è uguale a "cerco in Muziic e ascolto") ma cambia sottilmente il concetto: Muziic somiglia molto più ad una radio che ad un sito internet. Posso mettere il player in sottofondo con la mia playlist senza aprire il browser e senza caricare contenuti, commenti, pubblicità. Un sistema che, tra l'altro, si affida al più grande archivio musicale di internet. YouTube ospita non solo video "ufficiali" ma tonnellate di contenuti rari: live, spezzoni televisivi, filmati amatoriali.

Insomma, il classico uovo di Colombo che in rete ha già reso miliardari alcuni ex nerd. Ora però, per decretarne obiettivamente il successo, bisognerà vedere se l'idea riuscitrà ad attecchire in modo stabile tra gli utenti e se YouTube (che poi è Google) non lo stroncherà sul nascere.

Cosa venga in tasca agli artisti, non l'ho ancora capito. Immagino, come al solito, nulla.

8 novembre 2008

Bollino o non bollino? Il dilemma SIAE

Conoscete il famigerato bollino SIAE, vero? Si tratta dell'adesivo che viene apposto sui supporti discografici (ed anche su altri prodotti editoriali, ma per quanto riguarda l'argomento qui esposto faccio riferimento in particolare ai CD), e che serve non solo a dimostrare che si è versato quanto spettante alla Società Italiana Autori ed Editori per i diritti di pubblicazione, ma anche a distinguere, come chiaramente esposto sul sito della medesima Società, "il prodotto legittimo da quello pirata".

Poco più di un anno fa raccontavo della strana situazione nella quale si trova la SIAE a riguardo: in Italia esiste una norma che considera illegale qualsiasi supporto che ne risulti privo, con la diretta conseguenza che chi viene beccato con CD (anche originali) privi del famigerato adesivo, può essere multato; ma nel frattempo la comunità europea ritiene illeggittima tale normativa, suscitando dunque perplessità sulla validità delle multe inflitte.

Accolgo ora con grande soddisfazione la notizia di una recente sentenza, del Tribunale di Cesena, che ha stabilito - in un particolare caso, ma facilmente generalizzabile - la non obbligatorietà dell'apposizione dei bollini, e quindi ha reso inesigibile la multa richiesta dalla SIAE. Sentenza che arriva dopo un calvario di nove anni sostenuto dall'interessato, ma che certamente servirà da precedente per eventuali casi futuri.
Ne parlava ieri Punto Informatico, che da anni segue con attenzione la questione, e vi rimando dunque al loro articolo per tutti i dettagli.

Questa è una grande vittoria contro un sistema di "autenticazione" dei supporti che oltre ad essere anacronistico ed inefficiente, ed a tutto e solo vantaggio della SIAE, senza che gli autori ne traggano alcun reale beneficio, deturpa orrendamente i materiali fonografici acquistati in Italia.
E solo in Italia, visto che in tutta Europa non esistono bollini ne' nulla di simile.
Ma possibile che dobbiamo sempre farci riconoscere?

25 ottobre 2008

La musica ora si compra in francobolli

E prima o poi doveva accadere: ecco qui l'ultima genialata partorita dai cervelloni delle quattro grandi major discografiche (Emi, Sony BMG, Universal e Warner).

Soppiantato il vinile (anche se sta vivendo una sorta di revival, ma questo è un altro discorso), dichiarato prematuramente morto il compact disc, si passa finalmente ad un supporto che più impersonale e deprimente non si può: una bella schedina di memoria, più piccola di un francobollo.

Quello che mi infastidisce di questa scelta commerciale non è semplicemente l'estrema miniaturizzazione del supporto, ne' la sua portabilità. La musica a passeggio, che ti segue ovunque tu sia, è stata una meravigliosa rivoluzione, iniziata negli anni '80 con l'audiocassetta ed il walkman, e probabilmente ha contribuito da un lato ad avvicinare molti alla musica, e dall'altro ad imporla come esperienza totalizzante, che era possibile portare fuori dal salotto di casa e condurre ovunque con se'.

Non ho avuto nulla contro il lettore CD portatile, ne' contro l'mp3 player. Quello però che non capisco, e che credo sia dovuto alla semplice cecità dell'industria, è la scelta di annichilire il prodotto-musica in un formato che svilisce l'oggetto e dunque l'acquisto. E' come se i discografici ammettessero, esattamente come un qualsiasi downloader pirata tredicenne, che del prodotto discografico non gliene importa nulla, che per loro è importante solo qualche bit di dati in un supporto.

Questo mi pare un errore capitale. Per decenni l'acquisto di un album è stato l'acquisto di un oggetto fisico, dalle caratteristiche, se mi è permesso l'accostamento, organolettiche ben riconoscibili. Il vinile era un prodotto che odorava di carta, inchiostro e colla, e somigliava ad un libro nei gesti tipici dell'aprirlo e leggerlo. Sapeva poi di quella strana cosa che era, appunto, il vinile: un materiale plastico ma caldo, elettrico, che attraeva pezzetti di carta e di polvere, un oggetto che bisognava curare e saper trattare. L'acquisto di reificava in una cosa tangibile e che aveva una propria vita.

Già il passaggio al compact disc rovinò parte di questa esperienza. La copertina mutava da poster a cartolina, perdendo molto del proprio impatto. Il disco, come oggetto, dava minor calore e svelava in modo più evidente la propria natura sintetica. Era però possibile creare libretti ben fatti, personali, stampare la superficie del CD in modo da renderlo un oggetto unico e riconoscibile.
Soprattutto, fu il miglioramento tecnico (che è indubbio, e chi sostiene il contrario è vittima di una leggenda metropolitana) a convincermi che il passaggio era accettabile. Il compact disc, per me e per milioni di appassionati sul pianeta, è divenuto da allora oggetto dell'esperienza musicale, qualcosa che si acquistava in cambio del proprio denaro, e che si poteva poi toccare, sfogliare, annusare.

Cosa resta di tutto questo in una scheda di memoria? Il dato tecnico è sconfortante: la qualità della musica nel nuovo formato MicroSD altro non è che il solito mp3, un formato che, da chiunque abbia un paio di orecchie funzionanti ed un cervello allenato, non può che essere considerato meno che soddisfacente. Ma la scelta del formato è obbligata: bisogna consentire all'utente la possibilità di trasferire la musica direttamente sul proprio lettore.
Le chedine costano la bellezza di 15 dollari: quasi quanto un CD, per una qualità incomparabilmente inferiore. Ma non bastava allora continuare a vendere mp3 online, come già si fa?

Resta il dubbio della copertina. In effetti pare ci sia, ma ancora non ho capito che formato abbia, se sia un semplice fogliettino o se sia possibile realizzare un vero e proprio libretto.

Quello che invece ho capito in modo chiaro, è che l'industria non vede l'ora di sbarazzarsi del passato, ma purtroppo senza avere un'idea per il futuro.

20 ottobre 2008

Featured Artists Coalition: una rivoluzione?

Bryan Ferry, Craig David, David Gilmour, Gang of Four, Howard Jones, Iron Maiden, Kaiser Chiefs, Peter Hammill, Radiohead, Richard Ashcroft, Robbie Williams, Soul II Soul, The Futureheads, The Verve, Travis...

Cosa accomuna tutti questi artisti, oltre al fatto di essere inglesi e di essere tutti più o meno noti al pubblico?

Da qualche settimana, il fatto di avere fatto fronte comune e di avere fondato una associazione: la Featured Artists Coalition. L'obiettivo è quello di ottenere un maggiore controllo sulla propria musica e di avere, al contrario di quanto gli offrono gli attuali contratti, una certa voce in capitolo per ciò che riguarda le strategie di marketing sui prodotti che portano impresso il proprio nome.

Le istanze avanzate non sono di poco conto, e vanno in una direzione finora mai imboccata dal mercato della musica: portare l'artista al centro della propria attività commerciale, e restituire alle etichette il ruolo di tramite rispetto al pubblico, e non, come attualmente avviene, di regista unico delle attività di produzione e commercializzazione della musica.

Gli artisti, forti anche di alcune esperienze indipendenti che hanno riscosso un discreto successo (Radiohead, Marillion, Nine Inch Nails sono solo alcuni esempi), chiedono innanzi tutto di mantenere i diritti sulle proprie produzioni, i quali verrebbero soltanto affittati alle etichette discografiche. E vogliono inoltre poter controllare, molto più di quanto non gli sia concesso attualmente, la forma in cui la musica viene venduta.

Il manifesto pubblicato sul sito dell'associazione entra nei dettagli ed elenca sei punti che dovranno essere rispettati perchè si possa ottenere un accordo. La parola ora va alle major, che potranno scegliere di ignorare la questione o di scendere a patti nel nome di una possibile collaborazione.

25 settembre 2008

Marillion via P2P

I Marillion sono abituati a stupire con scelte strategiche inusuali.

Già nel 1999 imboccarono una strada rivoluzionaria, producendo l'album marillion.com soltanto grazie all'apporto sostanziale ricevuto dai propri fan attraverso il sito ufficiale. L'album in quella occasione inaugurò il distacco dall'etichetta discografica e dimostrò che un gruppo poteva auto-prodursi contando soltando sui propri sostenitori: una concezione decisamente pionieristica, soprattutto se si tiene conto che nel 1999 non si parlava di vendita online ne' di nulla di simile. Gli Einsturzende Neubauten, ad esempio, intraprenderanno una strada analoga soltanto diversi anni dopo.

A distanza di nove anni da quell'esperimento, la band di Steve Hogarth ha deciso stavolta di fare un passo ancora più estremo, e di distribuire il quindicesimo album, Happiness Is The Road, direttamente attraverso il circuito P2P, in modo assolutamente libero e gratuito. Viene così violato un tabù che vede nel peer to peer il nemico assoluto.

I Marillion spiegano sul loro sito il meccanismo che c'è dietro questa scelta. Innanzi tutto va detto che il disco verrà distribuito anche in forma tradizionale, per tutti quelli che desiderano possederlo in CD - ed è stato infatti già pre-ordinalto da numerosi fans. La versione messa a disposizione dalla band attraverso i canali peer to peer utilizza invece la tecnologia Music Glue.

Grazie a questo sistema, quando un utente del P2P scaricherà una delle canzoni dell'album, sul suo PC apparirà una finestra interattiva con un messaggio della band, che fornirà informazioni sull'album, notizie sul gruppo e sul prossimo tour, e rimandando anche alla possibilità di acquistare merchandise da marillion.com. L'ascolto della traccia sarà consentito tramite questa finestra, ma verrà fornita l'opzione di inscriversi alla mailing list, il che garantirà anche l'accesso ad una versione DRM-free del brano.

La soluzione appare un po' complessa ma va nella direzione di avvicinarsi al mondo dei downloader, con il tentativo di sensibilizzare questi ultimi sulla necessità per un gruppo musicale di ottenere un sostegno economico dai propri ascoltatori, affinchè possa proseguire nell'attività e sopravvivere.

I Marillion nel proprio comunicato condannano l'uso selvaggio del peer to peer, ma contemporaneamente sottolineano l'aspetto, evidentemente ignorato dalle etichette, che il fenomeno ha ormai raggiunto un'espansione tale da non poter essere combattuto a colpi di denunce. Una strada che finora non ha portato alcun risultato, se non quello di aumentare la distanza tra utenti e produttori di musica.

La scelta ha generato qualche malumore tra i fans che hanno pre-ordinato l'album, ma è bene argomentata dal gruppo ed appare ancora una volta intelligente e lungimirante. Chissà quando i grandi gruppi industriali che tengono in mano il mercato della musica riusciranno ad avere delle idee della stessa portata.

1 febbraio 2008

I prediletti di gennaio 2008

Giusto per tenere un diario delle mie preferenze musicali, inauguro una piccola "fave-list" dei dischi che ho ascoltato, riascoltato, scoperto, approfondito nel mese di gennaio 2008. Forse diventerà un appuntamento abituale, forse no.

01. Gravenhurst Fires In Distant Buildings (2005)
La scoperta dell'ultimo The Western Lands mi ha portato a recuperare anche i lavori precedenti. Fires In Distant Buildings è un bellissimo disco che mescola folk acustico catartico e incursioni elettriche ansiogene.

02. Wovenhand Mosaic (2006)
Siamo anche qui in territori post-folk, con una predominanza di colori tetri e atmosfere plumbee. Il progetto di David Eugene Edwards, al terzo capitolo con quest'album, è come una cavalcata all'inferno alla ricerca di persone perdute.

03. Autonervous Autonervous (2006)
C'erano una volta i Malaria!, gruppo al femminile attivo in Germania negli anni '80. Di quel collettivo faceva parte Bettina Köster. Dal sodalizio di quest'ultima con la più giovane Jessie Evans nasce quest'album, fatto di elettronica anarchica punteggiata dal sax, con un gusto inconfondibilmente berlinese.

04. Gudrun Gut I Put A Record On (2007)
Nelle Malaria! di Bettina Köster c'era anche Gudrun Gut, oggi a capo della piccola etichetta Monika Enterprises. Questo suo esordio solista sfugge ad ogni classificazione. Musica da club, heartbeat, sperimentazione, minimalismo.

05. Franco Battiato Fetus (1972)
Una robetta fresca fresca, riascoltato in un rigurgito di revivalismo. Molto più attuale di quanto ci si aspetterebbe, e più vicino al Battiato di oggi rispetto agli altri lavori degli anni '70.

06. Big Black Pigpile (1992)
"One, two... fuck you!". Il live del gruppo di Steve Albini si può vivere sia come una compilation che come una riprova della vera sostanza espressa dai Big Black. I brani spesso scheletrici e disarticolati, ritrovano incredibile vitalità nelle versioni dal vivo.

07. The Cure Kiss Me Kiss Me Kiss Me (1987)
Negli anni questo disco non ha mai smesso di esercitare la sua fascinazione su di me. Psichedelia oscura e pop luccicante che, piuttosto che fondersi, si alternano da un brano all'altro. A perfect record.

08. Einstürzende Neubauten Alles Wieder Offen (2007)
L'inaspettata evoluzione della combriccola di rumoristi capitanata da Blixa Bargeld. Dopo un paio di album dedicati al silenzio ed alla quiete, una funambolica riscoperta del futurismo.

09. Diamanda Galas & John Paul Jones The Sporting Life (1994)
Il più "facile" tra i dischi dell'incredibile cantante di origine greca, in cui la potenza e l'istrionismo vocale di Diamanda vengono supportati dall'intelligenza ritmica dell'ex bassista dei Led Zeppelin. Una chicca.

10. Wire Read & Burn 03 (2007)
Mi stancherò di ascoltare questo EP? Mah.
4 brani per 25 minuti di delizia.

18 gennaio 2008

A cosa è servito il 2007?

E' iniziato da poco un nuovo anno e proliferano i soliti bilanci e le solite liste di cose da ricordare. Ho sempre guardato a questo tipo di cose con una certa sufficienza e compatendole come tristi obblighi editoriali dovuti alla tradizione più che ad un'esigenza dei lettori.
Visto però che ultimamente mi piace contraddirmi, eccomi qua con la mia lista dei dischi da salvare del 2007.
Prima ve li sparo e poi faccio qualche commento.

01. Einsturzende Neubauten Alles Wieder Offen
02. Gravenhurst The Western Lands
03. Grinderman Grinderman
04. Pankow Great Minds Against Themselves Conspire
05. Throbbing Gristle Part Two - The Endless Not
06. Radiohead In Rainbows
07. Franco Battiato Il Vuoto
08. The Good, The Bad And The Queen The Good, The Bad And The Queen
09. Siouxsie Mantaray
10. The Stooges The Weirdness

Nonostante acquisti dischi a vagonate, e sebbene abbia evitato di inserire in lista dischi che non posseggo, ho lasciato fuori davvero poca roba; il che significa che di dischi targati 2007 nella mia collezione ce ne sono ben pochi - probabilmente non più di 20.
Mi è piaciuto molto poco quest'anno dal punto di vista musicale, e soprattutto non vi ho trovato novità davvero degne di nota.
L'età media dei personaggi che appaiono nella lista è altissima (Battiato e Iggy Pop hanno passato i 60, Siouxsie ha toccato i 50, come Nick Cave e Blixa Bargeld...).
In genere non amo le opere più tarde nelle discografie degli artisti, anche quelle che seguo più fedelmente. Sono invece ben felice di fare scoperte inaspettate e di lasciarmi sorprendere. Il 2007 mi ha riservato solo sorprese da parte di vecchie cariatidi: mi ha sorpreso la bellezza stordente del disco del rinnovato Nick Cave/Grinderman; mi ha stregato il fascino senza tempo del ritorno dei Throbbing Gristle; mi ha preso in contropiede il grande e inaspettato lavoro degli italiani Pankow.
Ho letto da qualche parte (edit: no, l'ho sentito, ma ne parlerò in altra sede) che il rock, come già da decenni il jazz, è ormai entrato definitivamente nella sua fase imitativa, e che non produce più nulla di nuovo.
Ebbene, temo proprio che sia vero.

28 novembre 2007

Orrore: pubblicità nei DVD


La fantastica notizia è apparsa oggi sui quotidiani online (vedi ad esempio il Corriere): un brevetto depositato da IBM consentirà di inserire pubblicità nei DVD. Detto così, sembra la scoperta dell'acqua calda: già oggi, volendo, è possibile inserire spot pubblicitari all'interno di un filmato. La novità sta nel fatto che il nuovo sistema consentirà di rendere, per così dire, obbligatoria la visione dello spot, impedendo di saltarlo o di andare avanti veloce durante la riproduzione.
Vi si sta accapponando la pelle, vero?
Il fatto che l'idea sia di proporre questi DVD "farciti" a prezzi inferiori rispetto a quelli "puliti" non mi rende meno disgustato. Io certo non comprerei una cosa simile neppure per 2 euro.

Dice l'articolo del Corriere che "l'idea è addirittura quella di rendere gradualizzabile la pubblicità all'interno del dvd. Così se acquisto un disco con più spot lo pagherò meno di uno con meno spot mentre all'aumentare della pubblicità aumenteranno anche i guadagni per il produttore del film."
Fortuna che all'IBM c'è gente che si scervella per produrre invenzioni come questa. Il futuro dell'umanità è al sicuro.

4 novembre 2007

E' ufficiale: la musica dopa

E' iniziata da pochi minuti la maratona di New York. Un appuntamento che nel sottoscritto, impenitente pantofolaio e obiettore di coscienza per tutto ciò che riguarda l'attività fisica, richiama un carico di interesse pressochè nullo. Non quest'anno però, in quanto l'avvenimento podistico è stato anticipato da una sconcertante notizia: la Federazione Americana di Atletica ha vietato l'uso dei lettori mp3 agli atleti durante la maratona, in quanto l'ascolto di musica, alterando le prestazioni fisiche, può essere paragonato all'uso di sostanze dopanti.
Beh, io questa notizia l'ho trovata decisamente fantastica. Ho avuto, come tutti, un moto iniziale di sdegno (vietiamo anche la musica e siamo davvero a posto) misto a ilarità (la solita americanata), ma poi mi sono detto: quale migliore ufficializzazione dell'assoluta potenza della musica come aiuto psicologico, come compagna e amica della vita dell'uomo, come forma artistica nobilissima in qualsiasi sua forma? E poi: se ascoltare musica è la stessa cosa che iniettarsi steroidi, non vi pare una eccezionale informazione il fatto che assumere musica è come drogarsi ma senza farsi alcun male? Direte: questo l'ho sempre saputo. Ma in tanti, evidentemente ancora no.

Per chi volesse approfondire gli aspetti più "seri" di questa notizia, andando oltre il gossip e il folclore, segnalo che tutto nasce dagli studi di Mark Tramo, un ex musicista rock professionista che ha proseguito i suoi studi di Medicina fino a diventare direttore dell'Institute for Music and Brain Science di Harvard.

6 ottobre 2007

Chi va ancora a vedere i Cure?

Tutti abbiamo avuto un gruppo preferito. Almeno per un po'. Almeno nell'adolescenza.
Uno dei primi dischi che ho acquistato è stato The Head On The Door. Era uscito nel 1985, ma io credo di averlo preso nel 1986. O forse ho comprato prima Standing On The Beach? Mah, comunque era l'86. Sono passati 21 anni e i Cure restano, per questioni di DNA musicale, una delle pietre miliari della mia formazione. Almeno fino a Wish (1992) sono stati anche dei compagni di viaggio affidabili e mai noiosi. Peccato per le delusioni successive: Wild Mood Swings è una raccolta di intuizioni, alcune anche felici, che però non riesce a emozionare ne' a divertire a sufficienza; Bloodflowers è un disco gravemente noioso (mi viene in mente l'aggettivo "senile", che mi pare talmente triste che non so se scriverlo); The Cure mi era parso la pietra tombale su un gruppo che non aveva davvero più nulla da dire. Mi ero consolato con il mirabolante cofanetto della Fiction in 4 CD (un must) e con le riedizioni del vecchio catalogo in doppio CD. Si, mi sono svenato, ma dal mio punto di vista ne era valsa la pena. Tutta un'operazione nostalgia, però, un guardare al passato.
Ora leggo che si annunciano un nuovo album per la primavera del 2008 e un nuovo tour. Peccato, tra l'altro, doverlo scoprire dall'orribile sito ufficiale messo su dalla Geffen.
Il punto è: mi interessa? La formazione promette bene: dopo la cacciata di Roger O' Donnel e di Perry Bamonte, è rientrato Porl Thompson alla chitarra. Non si intravedono tastieristi all'orizzonte. Chissà. Forse Porl riuscirà a raddrizzare la bussola di Robert Smith, ultimamente piuttosto vacillante.
Mentre ci medito, vi segnalo le due date italiane del tour: il 29 febbraio a Roma (Palalottomatica) e il 2 marzo a Milano (Palasharp, ex Mazda Palace). Un pensierino ce lo faccio.

1 ottobre 2007

Radiohead? For download only

La buona notizia è che il nuovo album dei Radiohead è pronto per la pubblicazione. Dell'album si sa che il nome è "In Rainbows" e non molto altro.
L'altra notizia (deciderò poi se definirla cattiva) è che l'album, almeno per ora, non uscirà negli abituali negozi di CD.
Il sito dei Radiohead ci informa infatti che l'album sarà disponibile soltanto in due versioni, entrambe accessibili solo tramite web: download oppure boxset.
L'assoluta novità rispetto ad altre iniziative analoghe è che la versione download non ha un prezzo prefissato: starà a chi scarica decidere quanto pagare per avere In Rainbows sul proprio PC. Questo apre la porta a chi volesse procurarsi l'album a cifre irrisorie o a zero euro, ma consentirà anche a chi apprezzasse molto il gruppo di premiarlo con cifre più alte dei canonici 20 euro.
I Radiohead sono senza contratto discografico dall'uscita di Hail To The Thief e questa mossa sembra un vero e proprio schiaffo all'industria discografica. Neppure Apple si è salvata: il gruppo ha infatti rifiutato anche di mettere in vendita l'album su iTunes.
Insomma, i Radiohead viaggiano assolutamente da soli, ed hanno in un sol colpo scaricato le case discografiche e risolto brillantemente il conflitto con il p2p (perchè scaricare l'album dal mulo quando puoi farlo gratis dal sito ufficiale?).
La versione boxed è tutta un'altra storia: sarà composta di 2 CD, comprendenti anche brani in più rispetto alla versione download, di 2 LP in vinile con gli stessi brani presenti sui CD, e di vario altro materiale (booklet, foto). Anche la versione boxed sarà acquistabile solo dal sito: niente distribuzione nei negozi, almeno per ora. Peccato per il prezzo: 40 sterline, circa 57 euro.

Ora, mi rendo perfettamente conto dei motivi che hanno ispirato l'operazione, e trovo lodevole il tentativo di percorrere strade diverse da quelle tradizionali.
Non capisco però perchè i Radiohead debbano offrirmi solo due soluzioni agli antipodi tra loro: accontentarmi di musica in formato compresso (per quanto a prezzo libero) oppure decidere di spendere un capitale per la versione di lusso. Se tutti seguissero questa via, è ovvio che l'acquisto dell'originale diventerebbe cosa per collezionisti molto danarosi.
Non avrei disprezzato una onesta edizione in doppio CD oppure in doppio vinile, a prezzo dimezzato (20 sterline sarebbe stato ragionevole).

Il problema, dal mio punto di vista, è in ciò che leggo dietro queste scelte. Se accettiamo che sia definitivamente tramontata l'epoca del disco acquistato in negozio (e i segnali sono tanti), si apre uno scenario preoccupante per la diffusione della musica. Quanti artisti potranno sostenere le spese per autoprodursi un album e aspettare che le vendite online rendano un utile vantaggioso? Quanto potrà reggere il modello iTunes? E perchè dovrei adattarmi ad acquistare musica a qualità più bassa di quella del CD?
Non vorrei che dalla crisi dell'industria musicale (che non è crisi economica ma d'identità) ne venisse danneggiata la musica.

Insomma, valuterò poi se questa è, in effetti, una cattiva notizia.

17 settembre 2007

E' morto il CD, viva il CD!

Compact Disc. Ricordo come ieri i giorni in cui lessi per la prima volta di questo strabiliante ritrovato della tecnica moderna. Se non sbaglio si trattava di un roboante articoletto trovato in una copia del Reader's Digest che girava per casa. Ero piuttosto piccolo, ma mi colpì molto la vantata indistruttibilità del supporto (si narrava di prove di resistenza mitologiche, quali il lancio dalla cima dell'Empire State Building) e la possibilità di abolire la separazione tra lato A e lato B. All'epoca ascoltavo solo classica, e soffrivo di cose tremende quali la divisione in due parti del terzo movimento della nona di Beethoven, necessaria sul vinile per farci stare l'intera sinfonia. Non mi sorprese scoprire che la durata di 74 minuti era stata suggerita da Karajan proprio pensando alla nona.

A distanza di più di vent'anni, mi trovo mio malgrado ad iniziare a scorgere in giro i segni di un prossimo pensionamento del compact disc. L'"era digitale" conteneva in se' stessa i germi di ciò che sarebbe poi accaduto: napster, il p2p, la vendita di musica online, l'iPod. Tutto sembra congiurare contro questo inutile pezzo di plastica che ha accompagnato la mia generazione (e qualche altra) nel mondo della discografia.

Scriveva Steve Albini nel 1987 sull'edizione in CD di una raccolta dei Big Black ("Eight Track Tape"): "[...] Don't worry about their longevity, as Philips will pronounce them obsolete when the next phase of the market squeezing technology bonanza begins". Questo nel libretto. Sul CD invece è stampato quanto segue: "When, in five years, this remarkable achievement in the advancement of fidelity is obsolete and unplayable on any 'modern equipment', remember: in 1971, the 8-track tape was the state of the art".

Quando, nei giorni scorsi, mi sono messo alla ricerca di un nuovo Discman, o lettore portatile che dir si voglia, ed ho scoperto che quasi nessun negozio di elettrodomestici ne vende più, a favore di banchi e banchi di lettori mp3 ed iPod, queste parole mi sono sembrate di grande saggezza.

Albini aveva sbagliato solo nella previsione limitata a cinque anni, ma questo è giustificabile con il malumore del momento, che doveva somigliare tanto a quello che mi ha assalito quando la consapevolezza mi ha raggiunto.
Cosa ne farò di migliaia di compact disc che mi riempiono la stanza? Li convertirò in mp3? E' fantastico osservare quanto lo standard per l'audio, invece di migliorare, peggiori. Il discorso è molto lungo, lo approfondirò un'altra volta.
Per ora metto su i Big Black.

16 luglio 2007

Addio al bollino?

In Italia ci sono due linee di pensiero in merito al bollino SIAE.
In primis ci sono quelli che lo odiano perché deturpa i supporti sui quali è incollato. A questi si contrappone la più ridotta schiera di quanti invece lo odiano perché sono costretti dalla legge ad applicarlo ai propri supporti CD/DVD da mettere in vendita.

Per tutti coloro che dovessero appartenere alla terza categoria (ossia quelli che non sanno cosa sia il bollino SIAE), potrebbe essere utile dare una scorsa alla pagina informativa sul
contrassegno, disponibile sul sito della SIAE medesima:

http://www.siae.it/utilizzaopere.asp?link_page=contrassegni_bollino.htm

Non vorrei dare l'impressione di essere tra coloro che non danno peso al problema della pirateria. Onde evitare fraintendimenti, specifico subito che considero la pirateria (quella vera, ossia la duplicazione e messa in vendita di copie contraffatte) un danno piuttosto serio per l'industria e per gli artisti.

Ciò detto, il problema di fondo sta nel fatto che il bollino in questione, pensato come "strumento di autenticazione e di garanzia, ad uso sia delle Forze dell’Ordine che del consumatore" al fine di poter "distinguere il prodotto legittimo da quello pirata", ha effetti spesso dannosi su chi produce musica e su chi ne consuma, producendo situazioni paradossali (di cui parlerò nel seguito) e incrementando non di poco la già diffusa antipatia popolare nei confronti della SIAE (la quale, ricordiamolo, sarebbe in effetti la "Società Italiana Autori ed Editori", ma viene invece diffusamente percepita come un incrocio tra l'anonima sequestri e la Gestapo).

Innanzi tutto diciamo che i costi di produzione (e soprattutto quelli di auto-produzione) della musica in Italia diventano spesso insostenibili anche (non soltanto, purtroppo) per il costo del bollino, il quale va a gravare su una situazione già poco rosea per chi voglia realizzare musica in modo indipendente nel bel paese.

La buona notizia però è che la validità della normativa in merito ai bollini è stata messa in discussione in un caso giudiziario che sta facendo notizia tra gli addetti ai lavori.
In sintesi, si tratta di un caso penale nel quale un cittadino austriaco è accusato, in quanto rappresentante legale di una società italiana, di aver commercializzato alcuni CD ROM privi del bollino.

Il tribunale ha ritenuto opportuno chiedere una verifica alla Corte di Giustizia europea in merito alla legittimità della legge italiana che richiede la "bollinatura" dei supporti.
La legge in vigore in Italia appare infatti in contrasto con la normativa europea, la quale richiede che gli stati membri che intendano adottare una normativa tecnica, debbano prima notificare il progetto legislativo alla Comunità Europea.

Ciò non è stato fatto dall'Italia, la quale infatti si ritrova ad avere una norma in materia differente dagli altri paesi europei. La Commissione ha affermato che le norme italiane sono state effettivamente emanate in violazione del diritto comunitario, ossia senza che ci fosse stata alcuna comunicazione alla Commissione.

Per chi volesse approfondire i dettagli consiglio di leggere l'articolo pubblicato da Punto Informatico:
http://punto-informatico.it/p.aspx?i=2031028

Segnalo anche una pagina più "tecnica":
http://www.civile.it/news/visual.php?num=42508

Ma al di là delle questioni tecniche e legali, non penso di essere il solo a tirare un respiro di sollievo nell'apprendere che il bollino viene contestato a livello europeo. E' questa infatti l'unica speranza che abbiamo di poter vedere, un giorno non tanto lontano, abolito questo odioso sistema medievale di "timbratura" dell'opera dell'ingegno.
Un sistema che attualmente, oltre al già citato effetto su chi la musica la produce, ha per tutti i fruitori della musica uno svantaggio almeno duplice.
Innanzi tutto (e per un collezionista come me questo è un punto molto sentito) deturpa l'artwork del CD e/o DVD, soprattutto quando si tratta di un bel packaging in cartone, e proprio per questo dal maggior valore estetico. Ho visto veri e propri obbrobri che gridano vendetta, e spero in futuro di non vederne più.
In seconda istanza l'apposizione del bollino genera un paradosso: un CD originale e legalmente acquistato può essere considerato illegale, e il proprietario passibile di sanzione, se solo manca il bollino. Il quale può mancare perché era stato incollato alla plastica protettiva, che è andata via subito dopo l'acquisto (dovrò pur aprirlo il CD), oppure perché la custodia di plastica si è rotta e ho dovuto cambiarla (succede al 10% almeno dei CD) , ma anche perché mi faceva schifo lì dov'era (mai capitato che sia incollato sui titoli dei brani?) e ce l'ho tolto (provate con lo Svelto, fa miracoli, mai usare invece l'alcool e spugne abrasive).

Oltre alla rimozione di questi spiacevoli inconvenienti, l'eventuale dichiarazione di illegittimità del bollino può aprire uno spiraglio a quanti utilizzano legittimamente copie dei propri dischi originali (copie perfettamente legali e previste dalla legge) per l'ascolto di musica in auto o al mare, oppure (e qui si tocca un punto davvero dolente) per poter svolgere l'onestissimo lavoro di DJ.
Attualmente, infatti, in caso di ispezione la SIAE può comminare salatissime multe a chi venga "beccato" in possesso di copie, in quanto queste mancano del bollino, anche nel caso in cui l'accusato possa dimostrare in modo indiscutibile il possesso degli originali.

Non vedo l'ora di poter dire all'ispettore SIAE che la sua multa può infilarsela su per il... naso.
Come dite? Che troveranno un altro cavillo per fare lo stesso la multa? Beh, almeno fatemi sognare un po'.