8 gennaio 2012

E i negozi di dischi chiudono

Sarà anche un po' colpa della crisi generale, ma la tendenza del settore è chiara ed ha origini diverse, che risalgono alla diffusione della musica in rete a partire dalla fine del secolo scorso. La vendita dei dischi è in contrazione ormai da anni, e tra gli effetti diretti c'è che il numero di negozi che chiudono aumenta ogni giorno.

A prescindere dall'analisi della questione (che potrebbe coinvolgere riflessioni sull'inarrestabilità degli effetti delle tecnologie, sulle tendenze suicide di un'industria vanamente protezionista, sui comportamenti irrazionali di un pubblico che pur di risparmiare dalle proprie tasche, accetta il rischio di uccidere l'oggetto stesso del proprio fanatismo), vorrei parlare qui del momento di tristezza che è connaturato alla sparizione di luoghi di aggregazione come erano e ancora sono i negozi di dischi.

L'occasione mi viene - purtroppo - dalla chiusura di uno dei miei punti di riferimento a Milano: il negozio Markuee sul naviglio pavese. nonostante l'attività fosse basata principalmente sull'ordine di dischi tramite il sito web, il negozio è stato fino alla fine di dicembre 2011 il luogo preferenziale per il ritiro del materiale arrivato, e uno storico luogo di incontro da parte degli appassionati di musica che arrivavano da Milano ma anche da tutta la Lombardia (non era raro imbattersi in personaggi giunti dalla provincia o da fuori provincia per il "ritiro" periodico e per una scorsa agli scaffali).

Ora il negozio, strozzato dalle spese e dalle scarse vendite, chiude e lascia il posto alla sola vendita online, seguendo la sorte che era già toccata da tempo al secondo punto vendita a Pavia. Resta la possibilità di acquistare online e di avvantaggiarsi di prezzi spesso concorrenziali (ooops, mi è scappato lo spottino, ma se cercate nel sito soprattutto cose un po' "difficili" vedrete che non mento), ma finisce il rapporto con il gestore del negozio e con gli altri clienti. Soprattutto svanisce quella passeggiata rituale che riempiva spesso - nel mio caso - i pomeriggi del sabato.

Ok, adesso: non amo le nostalgie in generale, spesso si tratta solo di incapacità di accogliere il nuovo. Ma qui il fatto è che per gli appassionati di musica Milano sta diventando un deserto. Parlando di musica live, hanno chiuso via via il Musicdrome, lo storico Rainbow (mutato in condominio), il parimenti storico Rolling Stone (idem). Altri locali hanno fatto la stessa fine oppure sono stati mutati in disco-pub, insomma hanno perso la loro vocazione alla musica live. Il risultato è che la concentrazione dei locali dedicati alla musica klive si sposta sempre più in periferia: chi volesse andare a godersi un po' di musica dal vivo con i mezzi pubblici o con qualche colpo di pedali dovrà rassegnarsi a lasciar perdere.

Ma piano piano anche i grandi concerti stanno lasciando la città, che tra limiti di volume a San Siro e zero appoggio alle realtà medio-piccole, sta cedendo al Veneto la palma di regione preferita nel Nord Italia per l'organizzazione di molti eventi. L'organizzazione di macchinate è ormai necessaria per andarsi a vedere i grandi nomi.

Dei negozi di dischi ho già detto: escluse le grandi catene come FNAC, Mondadori e via dicendo, a resistere aperti a Milano restano ormai in pochi: Buscemi, Dischi Volanti, il Discomane, Mariposa, Psycho, Metropolis, SoundCave... e forse un altro paio, con i quali mi scuso per la mancata citazione. Insomma, a prescindere dal destino dell'industria discografica: dove ce ne andremo a condividere emozioni, passioni, fissazioni, idiosincrasie varie? Dobbiamo rassegnarci a far tutto davanti ad un monitor? Spero proprio di no, ma nel dirlo mi sento farmi irrimediabilmente vecchio e fuori moda.

1 commento:

rose ha detto...

be' si visitano posti nuovi... l'ultima volta ho visto lo Zoe Club - in 20 anni a Milano non ero mai stata a Baggio :-)
(scherzi a parte, se penso al Rainbow mi viene il magone.)