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28 febbraio 2009

Invaders? must die!

Ed eccoli qua i Prodigy, quando nessuno se li aspettava più.

Hanno finalmente partorito il seguito di The Fat Of The Land, l'album che nel 1997 suonava come un manifesto della scena rave ma anche come lo sfogo di una insopportabile claustrofobia tipicamente metropolitana. Un disco che trasudava la voglia di scrollarsi di dosso regole, etichette, abitudini, e di sbattersi all'impazzata fino a dimenticare la realtà, di una intera generazione.

E' un seguito che arriva tardi, tardissimo, quando i brufolosi sostenitori di quell'album sono ormai cresciuti, ed hanno probabilmente indossato la cravatta e sagomato la sedia di un ufficio con la forma del proprio deretano.
In questo somiglia tantissimo all'album dei G'n'R Chinese Democracy, giunto nei negozi quando i vecchi fans di Axl Rose sono ormai attempati genitori o giù di lì.

A dire la verità, nel 2004, con al comando il solo Howlett, era uscito Always Outnumbered, Never Outgunned: ma suonava troppo diverso perchè qualcuno si accorgesse della sua esistenza. E infatti nessuno se ne accorse, salvo i critici che vi spararono addosso forse senza neppure ascoltarlo, notando solo ciò che mancava e non quanto c'era di più. Ma questo è un discorso che ora non interessa. Ora c'è Invaders Must Die, ci sono di nuovo i tre grandiosi buffoni che sotto la sigla Prodigy mescolano rock, punk e furia barbarica, e ammantano il tutto di elettronica e sfrontatezza.

Ero prevenutissimo nei confronti di un disco che si pone come obiettivo dichiarato quello di recuperare sound e meccanismi da un passato relativamente lontano e di non ricercare oltre la punta del proprio naso. L'ascolto del singolo Omen mi aveva dato conferma delle più pessimistiche premesse: se mi avessero detto che si trattava di un brano confezionato da un gruppo di imitatori, ci avrei creduto senza alcun dubbio.

E anche adesso che ho a disposizione le 11 tracce che compongono l'album, sono stato titubante sul giudizio complessivo. Dopo l'ascolto dei primi tre brani pensavo che avrei stroncato l'operazione scrivendo ne' più ne meno quanto detto nel paragrafo precedente. Però nel frattempo il disco girava e le tracce si susseguivano. L'energia del terzetto aumentava, i bassi pestavano, i synth guerreggiavano, la voce di Keith Flint urlava le sue sconcezze e un angolo della mia bocca si piegava leggermente all'insù. Mi son detto: mi stesse mica piacendo? Ma no, impossibile. E' tutto finto: riconosco i suoni uno ad uno, li ho già sentiti tutti, a chi serve quest'album? Eppure, anche l'altro angolo della bocca si stava sollevando.

Insomma, mi hanno fregato. Mi ha fregato Take Me To The Hospital, che riporta in vita in modo convincente le vocine beffarde dell'esordio (ricordate Charly?) . Mi ha fregato Run With The Wolves, incazzatissima e totalmente distorta. Mi ha fregato World's On Fire, house-rave della migliore razza. E infine, mi ha fregato la grande presa per il culo di Stand Up, l'inaspettato finale allegrotto e spensierato che se ne viene col suo andamento scanzonato dopo una infilata di cattiverie e violenze (sonore) che chi più ne ha più ne metta.

E dunque: compratevelo, sbattetevi, fatevi, crepate (cit.)

14 febbraio 2009

In arrivo Depeche Mode, Prodigy e Massive Attack

Negli ultimi giorni, da queste parti, l'inverno inizia a cedere terreno a qualche timido raggio di sole. Non che il sole di Milano scaldi particolarmente, ma per molti tanto basta per iniziare a pensare alla primavera.

Primavera che significa anche uscite discografiche imminenti.
Sto dunque scavando in rete per farmi un'idea di cosa posso aspettarmi da tre grossi nomi come Depeche Mode, Prodigy e Massive Attack.

Negli ultimi mesi i Depeche hanno lavorato in studio al nuovo album, che sarà distribuito ad aprile col titolo ormai certo di Sounds of the Universe. Qualche estratto video della lavorazione in studio è testimoniato sul canale YouTube dedicato della band.

Fonti piuttosto attendibili (vedi il sito del fan club italiano) parlano di un album piuttosto diverso dal precedente Playing The Angel: si tratterebbe di un lavoro più elettronico e maggiormente vicino al vecchio suono del gruppo. Il che non vuol dire un granchè: innanzi tutto perchè il "vecchio suono" potrebbe essere quello di Some Great Reward ma anche quello di Violator (che non sono proprio uguali) e poi perchè si tratta più o meno delle stesse cose che si erano dette per Playing The Angel (che invece a conti fatti non ricordava nulla della disografia degli anni '80 e nemmeno di quella dei '90). Infine, il fatto che il produttore sia lo stesso dell'album precedente, non va certo a suffragare l'ipotesi di un grande cambiamento.

Questa recensione sembra però confermare i buoni auspici. Vedremo.
L'attesa, al momento, è concentrata sul singolo Wrong, che dovrebbe essere presentato in anteprima in una trasmissione tedesca nel prossimo weekend.

Per i Prodigy la grande notizia è che, dopo l'album del 2004 Always Outnumbered, Never Outgunned, nel quale appariva il solo Liam Howlett, torneranno a breve con la formazione originale. Si tratta dunque della prima uscita discografica firmata dalla band che licenziò l'incredibile successo di The Fat Of The Land nell'ormai lontano 1997.

Non so, in realtà, se si tratti di una buona nuova. Il nuovo singolo Omen, il cui video è disponibile sul canale YouTube del gruppo, mi ha infatti lasciato piuttosto indifferente: sembra più che altro uno scarto di registrazione di Music For The Jilted Generation. Non posso che sperare che le altre tracce non vi somiglino troppo. Il timore è che, nel tentativo di rinverdire i propri fasti, la band abbia preferito riciclare la propria vecchia formula anzichè esplorare nuovi territori.

Il titolo del nuovo disco sarà Invaders Must Die e l'uscita è prevista per il 2 marzo.

Anche per i Massive Attack c'è aria di reunion, sebbene parziale: a Robert Del Naja si è infatti nuovamente affiancato Grant Marshall, anche se pare che i due abbiano lavorato separatamente alla realizzazione dell'imminente nuovo album.

Al momento non ci sono anticipazioni audio delle tracce registrate per il nuovo lavoro, ed anche per il titolo si brancola nel buio: doveva essere Weather Underground ma è poi stato definitivamente scartato. All'album si dà per ora il titolo di lavorazione "LP5".

Il sito della band, molto impegnato politicamente sul fronte dei diritti umani e della libertà dei popoli, è però decisamente meno ricco di notizie sul versante musicale e discografico, pertanto al momento c'è davvero poco di concreto da scoprire sul nuovo disco.

Le speculazioni per ora si sono concentrate sulle partecipazioni vocali, che come nella tradizione della band potrebbero comprendere vecchie e nuove collaborazioni. Di certo si sa solo che alle voci di Del Naja e di Marshall si aggiungerà certamente, come in passato, quella di Horace Andy.
Notizie mai confermate hanno parlato anche della possibile presenza di Stephanie Dosen, di Yolanda dei Phantom Limb, di Guy Garvey degli Elbow, di Damon Albarn e di Elizabeth Fraser. A questi si sono aggiunti diversi nomi più fantasiosi e meno probabili, tra i quali Tom Waits, David Bowie e Patti Smith.

Per saperne di più toccherà attendere ancora un po', ma non posso nascondere di aspettarmi ancora molto dalla band di Bristol, nonostante la mezza delusione di 100th Window (la colonna sonora di Danny The Dog era, appunto, solo una colonna sonora, per cui non la metto in conto).

A risentirci per aggiornamenti!