15 novembre 2007

Finalmente Underworld

Che bello.

Ma si, un po' di gioia, ogni tanto, ce la si può anche concedere. Soprattutto quando uno dei migliori gruppi elettronici di sempre se ne esce, dopo 5 anni di silenzio, con un nuovo capolavoro.

Un disco che definire eccellente è poco, questo nuovo Oblivion With Bells.
In primis, perchè cade in un momento di stanca dell'elettronica, con poche grandi uscite che si contano sulle punte delle dita.
In secondo luogo, perchè il gruppo si lascia alle spalle lo scivolone di A Hundred Days Off, lavoro deboluccio del 2002, e ritorna ai fasti di quel Second Toughest In The Infants che nel 1996 fece gridare molti al miracolo (e ipnotizzò il sottoscritto per un anno abbondante di ascolti ripetuti).
E infine, il disco è oggettivamente bello.
Rick Smith e Karl Hyde riescono, in modo quasi miracoloso, a tornare al passato senza sembrare semplicemente nostalgici, ed a confezionare 11 brani in puro stile Underworld senza eccedere nell'auto-citazione. Certo, la copertina ricorda intenzionalmente quella del primo album (Dubnobasswithmyheadman, 1993) e l'album si apre con Crocodile, un brano dalla ritmica riconoscibilissima che fa subito effetto deja-vu. Ma a fare la differenza è la voce di Hyde, atonale e ipnotica, capace di portarci in territori sempre nuovi e sempre così caldamente "umani", a dispetto dell'apparente freddezza dell'elettronica che la accompagna.

Un'alchimia complessa, tra sintetizzatori old school, grandi pad dall'effetto ambient, ritmiche danzerecce e un cantato-recitato che è poesia contemporanea più che qualsiasi altra cosa.
Oblivion with bells riesce ad evitare così le difficoltà vissute, ad esempio, dai Chemical Brothers, che pur con lavori di grande livello sembrano aver smarrito la propria identità.
Qui invece, in brani come l'oscura Beautiful Burnout, oppure la spiritata Holding The Moth, la personalità del gruppo e la sua capacità di fascinazione restano inalterate.
Manca ciò che aveva reso famosi gli Underworld: un brano irresistibile e antemico come Born Slippy, Cowgirl o mmm Skyscreaper I Love You. Ma sinceramente non se ne sente la mancanza, e probabilmente insistere su certi discorsi avrebbe annacquato l'opera. La quale invece possiede un fascino senza tempo, e che certamente reggerà il confronto sulla lunga distanza. Per quanto mi riguarda, è quasi un mese che l'ho acquistato e non mi ha ancora stancato.
Vivamente consigliato.

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