12 giugno 2011

Darkest Hour for the Clan of Xymox

Al primo ascolto, Darkest Hour mi ha spiazzato. Il che è già un'ottima notizia. Avevo lasciato i Clan Of Xymox alla buona dance gotica di In Love We Trust, un album più che discreto con qualche bel picco (Emily, Morning Glow, Home Sweet Home), penalizzato più che altro dai troppi rimandi alla propria stessa carriera degli anni '90 e '00, che ne facevano una sorta di ripasso.

Questo nuovo album invece sembra da un lato pescare i propri riferimenti ancora più indietro, in quell'inizio di carriera tanto osannato dai cultori del goth, dall'altro tentare un rimescolamento delle carte.

Il risultato, come dicevo, è spiazzante per chi segue i CoX da sempre. Ho dovuto attendere un po' di ascolti prima di decidere che Ronny Moorings ha preso la direzione giusta, e che quest'album sarà probabilmente ricordato come quello di una svolta coraggiosa ma necessaria.

La differenza sta in un minore ricorso ai riff di synth ed a soluzione "dance", con una preponderanza di brani lenti ed atosferici rispetto ai pezzi da dancefloor, e soprattutto in una scelta vocale dai toni più intimi, con risultati che si avvicinano allo stile del Moorings dei primi album.

Questo non significa che il disco si limiti a giocare sull'effetto nostalgia. L'esperienza dei CoX recenti si sente, e ad esempio non manca una splendida macchina apripista goth come Delete, la seconda traccia del CD, che viene controbilanciata da episodi come Dream of Fools, le cui atmosfere crepuscolari sono sostenute da synth morbidi e dalla chitarra di Moorings.

L'album tiene insieme le cose più disparate: l'opener quasi industrial My Reality, l'EBM di My Chicane, la darkwave di Deep Down I Died e di In Your Arms (oltre alla strumentale Darkest Hour che dà il titolo all'album), gli sperimentalismi della traccia di chiusura Wake Up My Darling.

Un album pervaso da fremiti wave molto credibili, nonostante si avverta bene la solita sapienza del songwriting, che per merito di una antica alchimia non scade mai in un manierismo fine a se' stesso (o riesce a non farcelo avvertire).

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