14 aprile 2009

My Dying Bride: indomitamente doom

Annoverati ormai da tre lustri tra i padri incontrastati del death/doom, i My Dying Bride hanno alle spalle una produzione discografica di tutto rispetto e dal livello altissimo.

Dopo i primi album, che presentavano elementi death metal classici ma rallentati allo spasimo, ed ancora caratterizzati dalla predominanza del growl di Aaron Stainthorpe, la band si è evoluta verso uno stile sempre più gotico, romantico e struggente, con l'inclusione di tastiere, violini e della voce "pulita", e con un utilizzo del growl sempre più occasionale.

L'apice di questo stile resta lo splendido The Angel And The Dark River del 1995, ma anche molti tra i titoli successivi sono degni di nota e meritevoli di apparire nella collezione di chiunque ami questo doom così estremo, decadente e struggente.

Naturale dunque che al decimo album si possa avvertire una certa stanchezza della formula. Ed in effetti quest'ultimo For Lies I Sire non potrà non suscitare qualche storcere di naso in quelli che ad ogni uscita sperano sempre in un grande ritorno ai fasti del passato. Ciò detto, elementi graditi in questo disco ci sono: ad esempio, la riproposta di sonorità che erano state accantonate nel penultimo lavoro (torna ad esempio l'uso del violino, sebbene suoni molto "sintetico"), così come la conferma di una classe mai smarrita per strada, neppure nei momenti meno ispirati.

Personalmente, l'album non mi dispiace troppo. Dopo pochi ascolti, canzoni come My Body, a Funeral oppure la title track The Lies I Sire suonano già alle mie orecchie come piccoli classici. Nulla di nuovo o di sorprendente, come ho già detto, ma in sostanza mi pare un buon ritorno, che nonostante i limiti dimostra ancora una volta il valore della "sposa morente".

Dopo tutto, questa band si conferma in grado, a differenza di altri nomi illustri - penso ad esempio agli Anathema - di mantenersi coerente senza dover cercare a tutti i costi una nuova identità. Posso dunque perdonare il riffing un po' stiracchiato che emerge qua e là e l'effetto deja-vu di molte canzoni, pur sapendo che i veri capolavori restano altrove.

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