6 giugno 2009

The Horrors are here again

Con Strange House, l'album d'esordio pubblicato un paio d'anni fa, gli Horrors avevano costruito un suono denso e ricco di riferimenti al punk e al post-punk della prima ora. Si trattava di un'opera ben confezionata, convincente dal punto di vista compositivo, godibile soprattutto perchè tradisce una passione genuina per il genere, nella quale un ascoltatore come me si immedesima facilmente.

Unica accusa riferibile ai cinque giovani musicisti, quella di aver assimilato fin troppo bene la lezione di band storiche (sono variamente citabili Fall, Birthday Party, Sound, Cramps...) e di aver dato vita ad una operazione di revival, per quanto eccellente potesse essere.

Ora tornano dopo due anni con un cambio di produzione (affidata stavolta a Geoff Barrow dei Portishead). E il nuovo album Primary Colours è una sorpresa, in quanto il baricentro del suono della band si sposta decisamente verso lo shoegaze, pur mantenendo ben salde le radici post punk, soprattutto nello stile del cantante Faris Badwan.

L'album mette in chiaro questa trasformazione sin dall'apertura, affidata a Mirror’s Image, un brano che dopo una lunga intro strumentale sfocia in una pioggia di chitarre dissonanti alla Jesus And Mary Chains, sotto le quali il brano si sviluppa come avvolto da una sorta di trance.

Ciò che maggiormente tiene ancorata la band alle proprie origini è la sezione ritmica, ricca di linee di balso pulsanti e trainata da una batteria nervosa e molto giocata sui suoni gravi, come la matrice wave impone.

Nei 45 minuti dell'album (un dato indicativo, se si pensa che il precedente comprimeva 11 brani in 35 minuti) si snocciolano 10 canzoni ben scritte, eseguite con passione e perizia, arrangiate in modo forse furbetto ma talmente efficace che mi sono rapidamente invaghito di questo strano lavoro, finalmente capace, se non di essere originalissimo, quantomeno di trasmettere emozioni vivide e complesse. E nel 2009 non è deciamente poco.

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